dome 24 NOVEMBRE 2024 ore 00.45
Home Politica Globalita’, Liquidita’, Coscienza, Tutto Da Rifare

Globalita’, Liquidita’, Coscienza, Tutto Da Rifare

di Luigi Antonio Gambuti

Ho fatto un sogno. Meravigliato ancora per averlo fatto nella mia notte breve.
Ero seduto al bar Migliore a gustare quell’aperitivo tanto caro perché offerto con calore e simpatia quand’ecco , all’improvviso, due figure si materializzano d’intorno, all’interno del locale.

L’una, bella, canuta e fluente di capelli, col sigaro spento e con le mani impegnate ad accompagnare il debordare appassionato del suo dire tanta la voglia di comunicare; l’altra, dottorale e severa, attenta ad ascoltare le voci del mondo ridotto ad un cortile.

Zigmunt Bauman, da poco passato ad altra dimensione e Marshall Mc Luhan che da tempo l’aveva preceduto, discutevano serenamente di quanto andava capitando nel villaggio globale in cui si era ridotto il mondo -mai “metaforico ossimoro “ era stato più azzeccato – e della “società liquida” che l’abitava.

        

Zygmunt Bauman                                                              Marshall McLuhan

Una società e una cultura di riferimento scontornate e in continuo mutamento, là dove ogni convincimento veniva continuamente messo in discussione. Da lontano, chissà dove, Paulo Freire continuava a sostenere le sue tesi storicamente accreditate, sulla funzione della televisione la cui diffusione aveva contribuito alla “coscientizzazione” delle masse, vale a dire aprire a tutti la possibilità di conoscere, argomentare, scegliere e capire.

I due illustri personaggi, presi dalla discussione, in verità pacata e ben nutrita di punti di riferimento che qui non si dice per non annoiare il mio paziente lettore, avevano come fuoco di attenzione la condizione umana della società globale, così come costituitasi negli ultimi tempi e di come essa fosse governata.

Emergeva dal loro conversare forte la preoccupazione per come fossero cambiate le premesse della loro riflessione: il ridimensionamento “locale” del villaggio globale e l’isolamento determinato dall’uso scriteriato dei mezzi di comunicazione di massa da cui era nato quel solipsismo indotto dalla schiavitù del web e dei suoi sottoprodotti.

Si parlava della comunità americana consegnata nella mani illiberali di un tycoon uscito vincitore dalle urne elettorali,incurante lontano dal buon senso democratico e contestato da coloro i quali si ritengono vittime dei provvedimenti che si accinge ad adottare. Non consente sonni tranquilli la politica trumpiana: il rischio del ritorno ad una cultura elitaria, governata da “bancocrati” è più che reale; lo spettro della politica protezionistica si fa sempre più realtà e le masse popolari che Obama stava riscattando dall’emarginazione sociale, temono il ritorno a una condizione di minorità in relazione all’unico valore apprezzato dal Trump presidente,che è quello del denaro.

E, cosa ancora più grave, sottolineava Bauman, per la vicinanza alle sue tesi, la perdita del cosiddetto stato sociale, il social care che aveva dato avvio a una prima coraggiosa gestione democratica della cosa pubblica, dando a tutti la possibilità di realizzare quanto da parte di ciascuno era consentito dalle soggettive possibilità.

Dalle loro parole si evinceva l’avversione per la relazione Trump-Putin, intesa ad un accordo globale per la gestione e il mantenimento di un potere plutocratico a danno delle popolazioni emarginate dal ponte di comando e soggette, più di sempre, all’obbedienza per la dipendenza delle risorse di cui i due interlocutori detengono il possesso. Dire dell’Europa , anello debole del sistema, è cosa palese e suonare l’allarme non sarà cosa da poco.

Già impressiona la deriva autoritaria che avvelena il “villaggio”con i suoi effetti funesti:il razzismo riemergente; la voglia di barriere-il muro di ferro messicano-; il protezionismo commerciale e il riproporsi di dazi e gabelle per soffocare ciò che nella globalizzazione del mercato s’era universalizzato.

Preoccupava l’effetto contagio i due illustri interlocutori.

Nel sottoscritto, piccola cosa nel contesto culturale dei due vicini avventori, riemergevano alla memoria il populismo lepenista di Salvini; le giravolte di Grillo tese a contenere le falle ricorrenti del sistema pentastellato; l’incapacità del potere legislativo di darsi una equilibrata legge elettorale e il conseguente ricorso al potere giudiziario per valutare la costituzionalità di quella in corso, l’Italicum (ultima della serie dopo il consultellum, il porcellum e il mattarellum, tanti um um, come si vede, per garantirsi altrettanti gnam gnam); l’inedia apparente e ancor più dannosa del partito democratico lacerato tra chi progetta vendette e ritorsioni e chi sta incollato al potere delle piccole greppie quotidiane; i tentativi di qualche amministratore locale di “imitare” il presidente americano -lavoro solo ai residenti!- le ricorrenti questioni di fiducia riproposte come scambio, mercato e ricatto di favori e di potere; l’irrilevanza di personaggi che con mano rapace sono pronti a ghermire l’offa che stenta ad arrivare e … fermiamoci qui per non incocciare nei congiuntivi di Di Maio. Preso dalle riflessioni sulla “piccola” realtà in cui ci muoviamo, animata da “pulcinellismo e lamentosità (qui do ragione a De Luca), s’era affievolita l’attenzione per i due illustri avventori.

Le due figure s’erano svanite, l’una a riflettere sulle criticità della società “globale”e l’altra sulle conseguenze della “liquidità”dei percorsi umani.

Di contro, come si è detto, Paulo Freire, annuendo per le tesi dei due giganti del sapere, si apprestava a considerare quanto ancora c’era da fare sulla presa di coscienza delle popolazioni universali, ora tormentate dai social - media e se, dall’uso inadeguato di questi strumenti di comunicazione di massa non vi fosse il rischio di una regressione antropologico-culturale con il ritorno alla clava.

Il sogno si scioglieva e si incimava nel turbinio della sofferenza per le sciagure dei fratelli abruzzesi e siciliani- onore e merito ai loro soccorritori- , riportando la veglia sul reale, più che amaro per la riscoperta del vuoto che aspetta la mano-e la testa-di qualcuno che sia attento alle sorti comuni e disponibile a servire.

Napoli, 30 gennaio 2017