dome 24 NOVEMBRE 2024 ore 01.02
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Fluid Love
di Martino Ariano

 

 

 

Normale è amare
Anormale è giudicare
Conforme è banale
Diverso è originale

normalitaSiamo soliti, durante la nostra vita, cambiare taglio o colore di capelli, stile, comportamento, abitudini e spesso giochiamo, tanto nell’intimità come nel sociale, con la nostra identità di genere.

Un esempio fra tutti, nel mondo della moda femminile, lo stile androgino.

Chi di voi femmine non ha mai optato almeno una volta nella vita per un look androgino, caratterizzato cioè da capi maschili?

Un esempio che può risultare banale, ma che dovrebbe invece far riflettere.

Per molti è un gioco, una moda, un qualcosa di circoscritto ad un evento/periodo.

Però per molte altre persone non si tratta di un gioco né tantomeno di una moda, ma si tratta di vera e propria lotta e conquista all’identità di genere.

Non tutti si sentono a proprio agio nel proprio corpo, che gli ha imposto la lotteria della nascita.

C’è chi intraprende un lungo percorso di cambiamento, di transizione.

C’è chi preferisce non definire e quindi neutralizzare la propria identità di genere.

C’è chi sceglie di viverla senza porsi limiti in fatto di gusti sessuali e chi, infine, si trova pienamente a proprio agio con l’identità di genere attribuitagli dal sesso di nascita.

 Facciamo chiarezza, anche se risulta difficile delimitare in maniera netta una comunità di persone con un’aggettivazione secca.

Identità di genere fa riferimento al senso di appartenenza di una persona ad un sesso o ad un genere con cui si identifica.

  • Quando l’identità di genere di una persona abbraccia e sposa perfettamente il sesso di nascita, maschile o femminile, parliamo di Cisgender.
  • Quando, invece, una persona percepisce un’identità di genere diversa da quella biologica, stiamo parlando di Transgender.
  • Se quest’ultima persona transgender intraprende un percorso di transizione, parliamo di Transessuale.

Il percorso psicologico e fisico, lungo e complesso, che sceglie di intraprendere una persona non è un capriccio.

È un consapevole e a volte doloroso riappropriarsi di tutti quei caratteri che consentono all’ individuo di vivere la consapevolezza appagante del proprio corpo, interiorizzandolo con pienezza e completezza.

  • Se una persona ritiene che la propria identità di genere non combaci né con il sesso di nascita né con la dualità donna/uomo, siamo dinanzi al Genderqueer, una sorta di terzo genere.
  • Generalmente più noto e simile al genderqueer, è il Fluid Gender.

Termine che si riferisce al cambiamento da parte di una persona della propria espressione o identità di genere o di entrambi.

  • Nella fluidità di genere (Fluid Gender) rientra anche un’altra definizione, anch’essa attualmente più familiare, quella di Non Binary.

Con questo termine si fa riferimento a quelle persone che non si identificano o con nessuno i generi biologici o con entrambi, restando quindi un genere neutro, non binario appunto.

Nonostante il tema sia ostico e difficilmente digeribile dai più, la società di massa ha iniziato a sensibilizzarsi e ad avvicinarsi a queste sfumature d’identità, di realtà.

Finalmente!

Anche, se c’è da registrare che ciò, spesso, avviene per fatti di cronaca, di violenza o d’intolleranza.

Come dalla notte dei tempi, però, è il mondo dello spettacolo della musica, della moda e, ovviamente, dell’arte che fa da motore propositivo e sensibilizzante nel proporre nel dibattito pubblico tali tematiche.

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Cantanti come Sam Smith, Miley Cyrius, Lady Gaga, Demi Lovato, Harry Styles.

Attori come Billy Porter, Jared Leto o attrici come Steven Tyler o Kristen Stewart.

Personaggi dello spettacolo come Jonathan Van Ness, lo stilista Marc Jacobs hanno apertamente dichiarato il loro essere no binary o semplicemente fluid gender.

Per non parlare di tutte le persone e i personaggi che hanno fatto e fanno della loro vita un vero e proprio manifesto per i diritti e la libertà sessuale.

Da Vladimir Luxuria, ex deputata italiana, a Petra de Sutter, prima transex vicepresidente del governo belga; dalla cantante Conchita Wurst, vincitrice dell’Eurovision Song Contest nel 2014 a Caitlyn Jenner, personaggio televisivo statunitense; dallo sportivo tedesco Balian Buschbaum, alla sportiva ungherese Jay Mulucha; dal modello Laith Ashley alla modella italiana Valentina Sampaio; dall’attrice italiana Vittoria Schisano alla conduttrice italiana Manilo Gorio.

Da citare sono anche tutte quelle persone e tutti quei personaggi, dichiaratamente eterosessuali, che scelgono liberamente uno stile gender fluid.

Tra i più recenti il cantante Achille Lauro e il gruppo rock, vincitore del Eurovision Song Contest di quest’anno, i Maneskin.

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La moda è strettamente connessa alla società, ne è una cartina tornasole ma esercita su di essa anche una forte l’influenza, imponendo e sdoganando stili, colori, forme e generi.

Attualmente infatti si tende a parlare di Genderless fashion, cioè di moda unisex, con collezioni, capi ed accessori pensati per essere indossati sia dall’uomo che dalla donna, e che quindi abbracciano pienamente l’idea della fluidità di genere.

Da linee di make-up pensati per gli uomini, a capi, accessori e tessuti ritenuti precedentemente solo femminili, hanno negli anni invaso anche il guardaroba maschile, dalla pochette ai gioielli, dal pizzo alla gonna.

Ovviamente l’arte anche su questa tematica non è stata in silenzio.

Anzi!

L’arte è l’espressione e la manifestazione di libertà in assoluto.

E come tale, al pari della moda, diviene fonte e specchio per e della realtà.

Esempio di arte, liberamente compiuta, è la collettiva Kiss My Genders, tenutasi a Londra nel 2019 nella Hayward Gallery, in cui 30 artisti con oltre 100 opere hanno indagato tutte le sfumature della fluidità di genere dagli anni ’50 ad oggi.

 

Nella storia dell’arte sono numerose le situazioni in cui l’identità di genere del personaggio rappresentato risulta poco chiara, potremmo dire no-binary.

Tra tutti: il caso della Gioconda (1503) di Leonardo da Vinci, ritenuta icona androgina, in quanto frutto di due modelli, uno maschile, Gian Giacomo Caprotti, detto il Salai, allievo (e forse amante) dell’artista e quello canonico femminile, Lisa Gherardini; o alcune opere di Caravaggio, come il Ragazzo morso da un ramarro (1593-1594) o il Concerto (1597), le cui fisionomie sono più femminili che maschili.

Ovviamente esempi del genere se ne potrebbero trovare moltissimi, come anche opere di Queer Art.

Ma voglio citarne due in particolare una è una rivisitazione, tecnicamente un ready-made della Gioconda di Leonardo da vinci, da parte del dadaista Marcel Duchamp.

L’artista, guidato da suo solito e forte senso di provocazione, riproduce mediante stampa la Gioconda e le disegna dei baffi, scrivendo alla base la sigla, che ne dà poi il titolo, L.H.O.O.Q., (Elle a chaud au cul), tradotto Lei ha caldo al culo.

Una sottile provocazione giocata proprio sul lato androgino che caratterizza l’opera e sull’allora poco chiara identità di genere del personaggio rappresentato.

4 Marcel Duchamp, L.H.O.O.Q., 1919, ready-made, 19,7×12,4 cm, New York

 L’altra opera d’arte che ho scelto per questo tema è anch’essa una rivisitazione di un’opera precedente.

L’opera in questione è dell’artista italiano Francesco Vezzoli ed ha come titolo Forme uniche della continuità in tacchi alti (dopo Umberto Boccioni) ed è un’interpretazione in chiave queer dell’opera capolavoro del futurista Umberto Boccioni, Forme Uniche della continuità dello spazio (1913).

Praticamente Vezzoli riproduce nello stesso materiale, il bronzo, e quasi nelle stesse dimensioni, l’opera di Boccioni, operando una piccola modifica: aggiunge dei tacchi alti alla statua.

Ne fuoriesce da un lato una sottile ma tagliente critica alla corrente futurista, filo-fascista (forse per obbligazione) e machista e dall’altro una sorta di rivendicazione dell’identità e soprattutto della libertà di genere.

L’opera originale ha caratteri fisici fortemente maschili, imponenti e muscolosi, ma con i tacchi questa mascolinità non viene messa in dubbio, ma viene accentuata ed arricchita ulteriormente.

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Francesco Vezzoli, Unique forms of continuity in high heels (after Umberto Boccioni), 2012, Bronzo, 112x90x50cm

 L’artista ci porta a riflettere e ad andare oltre gli schemi canonici e, in questo caso, puramente estetici.

Anche questa volta l’arte seppur con un piccolo colpo di tacchi, ci desta dai pregiudizi e dalle idee-tabù.

L’identità di genere è un fattore estremamente personale ed intimo e come tale può riversarsi all’esterno con una più o meno marcata estetica o una scelta stilista.

Ciò ai più, trogloditi e poco elastici (per non dire stupidi) questa scelta, questo cambiamento, questa transizione, questa neutralità, può sembrare strana, anormale, non conforme.

Non essere conformista.
Non giudicare le scelte altrui.
Mettiti in ascolto.
Indossa gli indumenti dell’altro diverso da te.
Non misurare la distanza dal tuo modo di vedere la realtà.
Non usare il tuo metodo per vivere la vita.
Ama la vita in tutte le sue forme e colori

 

Madrid, 22 giugno 2022