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Essere sognatore significa passare dal desiderio alla decisione

di Martina Tafuro

Per distrarsi si perdeva a sognare che, una volta o l’altra,
se ne sarebbe andato via; via di nascosto;
via per sempre, senza ritornare a casa mai più.
Pirandello, Fuga

 Ti prometto fedeltà eterna, amore mio!

Promettere significa mandare avanti e la promessa è la maniera con la quale mandiamo avanti la nostra vita. Insomma, credere che ci sarà un futuro è l’orizzonte che fa da propulsore al nostro cuore. Gli uomini e le donne di questo pianeta hanno bisogno di fare sogni perché, così, credono che vale la pena sforzarsi sempre per fare un passo avanti…anche quando sono stanchi.

E’ pur vero che la promessa è un’utopia che a volte diventa illusione, alcuni molte volte ci fanno promesse che non manterranno mai. Ma proprio perché la promessa somiglia a un sogno, non sempre siamo così coraggiosi da crederci.


La promessa deve prendere corpo, altrimenti resta solo una chiacchiera.

I sogni sono ambizioni, progetti, immagini ideali che raccontano come vorremmo essere.

Le decisioni rimandano, inevitabilmente, a un conflitto: decidere vuol dire tagliare, troncare, uscire dal bivio.

Tutti ricordano il tempo in cui essere investito della carica di farmacista o di maresciallo del paese bastava per sentirsi appagati e realizzati. L’homo globalis è ossessionato dal pensiero unico dominante che qualsiasi cosa faccia, ci saranno sempre persone che hanno fatto meglio e più di lui, è alla continua ricerca di una vita piena di significato.

Gli esperti da studio televisivo e.. anche non, ci dicono che assistere ai traguardi raggiunti dai personaggi famosi, accresce il timore di valere meno.

A tutto questo dico basta! Ho una mia visione del mondo, credo in chi sa dare risposte coerenti alle domande esistenziali sulla mia presenza sul pianeta terra.

Ritengo che le mie esperienze di relazione sociale debbano essere organizzabili in un sistema relazionale fatto di persone che vivo con una coerenza intima e indipendente, frutto del continuo confronto con gli altri.

Insomma, vivo con onestà, cercando di fare ciò che mi è possibile, purché in linea con la mia coerenza interiore.

Riccardo Petrella, in “Una nuova narrazione del mondo” paragona questa mesta società che ansima in una continua battaglia competitiva,  ad un sistema religioso. La Teologia Universale Capitalista (TUC) ha la sua trinità (liberalizzazione, deregolamentazione, privatizzazione), la sua Pentecoste (la tecnologia), il suo vangelo (la competitività), i suoi teologi e i suoi evangelisti ecc. Perfino la sua nuova arca di Noè (il mercato globale).

Il mercato ci viene presentato come regolato da leggi scientifiche, al pari della fisica o della biologia, ma sappiamo bene che nella realtà non lo è affatto. Le conclusioni che ci vengono date da bere come realtà naturali e immodificabili, non sono altro che montature.

“Cominciare ad esercitare il nostro sacrosanto e mai proclamato diritto di sognare”

ha scritto Eduardo Galeano, invitandoci ad abbandonare la devozione verso il pragmatismo in favore di una progettualità utopica, liberatrice dalla nostra interiorità

Nella mia collettività non c’è più partecipazione, non vi sono più beni comuni da gestire per il bene collettivo. Barriere, sempre più pressanti, vengono costruite per arginare la forza che combatte contro la privatizzazione dei beni comuni (acqua, aria, sole, educazione ecc.), la tutela del reddito minimo, vero strumento, per il riconoscimento del diritto ad una vita degna di essere vissuta da ogni essere umano. Per poter respingere la teologia universale capitalista e inventarsi una nuova narrazione del mondo, è necessario mantenere viva la partecipazione alla vita politica e sociale.

Ridare un sogno, significa ridare le condizioni perché ciascuno possa sentirsi soggetto di storia.

Per dare forza ai nostri sogni e poter ri-costruire il vivere insieme dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri.

Napoli, 23 luglio 2018