Economia circolare. Parola d’ordine: riparare e non sprecare!
Economia circolare. Parola d’ordine: riparare e non sprecare!
di Pasquale Falco
Perché le persone si comportano in questo modo, a suo parere?
I motivi fondamentali che danno luogo a questi comportamenti sono due.
Uno è il consumismo, che instilla in noi l’idea che possiamo trattare le cose
senza riguardo e a un certo punto semplicemente buttarle via per comprarne di nuove.
L’altro motivo è spiegato dalla cosiddetta psicologia della personalità.
Ciascuno oggi è il centro del suo mondo. Tutto ruota intorno ai selfie e a “me, me, me”
- neppure a me too, solo me, me, me.
Alle persone di conseguenza non importa più niente di quello che non è “me” e non è “su di me”.
Qualunque cosa sia di proprietà di qualcun altro è un problema di cui si deve occupare quel qualcuno.
Walther Stahel
L’Unione europea ha tracciato la strada maestra per un futuro sostenibile: l’economia circolare.
Senza entrare in tecnicismi, significa che da un prodotto, al termine del ciclo della vita, deve nascere un altro prodotto.
È arcinoto che lo sviluppo dissennato degli ultimi decenni, la crescita dei consumi e nuovi stili di vita, si sono tradotti in un progresso fine a sé stesso e non in un reale benessere.
Una crescita triste, che ha creato le condizioni per la gioia personale da pochi minuti bloccando, la valorizzazione di ciò che è più importante, l’ambiente, ossia la sovrastruttura in cui non solo noi viviamo, ma anche le future generazioni vivranno.
E’ questa la definizione di sviluppo sostenibile del Rapporto Bruntland, come sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.
Ogni abitante della Terra utilizza oltre 11 tonnellate di materiali l’anno, un terzo dei quali diventa un rifiuto e termina la sua breve esistenza in discarica.
La popolazione mondiale continua a crescere, si stima che nel 2050 toccheremo i 9,7 miliardi, ma il consumo di materiali cresce a un ritmo doppio e, continuando con gli attuali stili di vita, per quella data consumeremo risorse come se avessimo a disposizione non uno, ma tre pianeti.
Si stima che la quantità di rifiuti generati dalla popolazione mondiale aumenterà del 70 per cento. Questo insostenibile modello economico va gradualmente abbandonato, verso un modello di consumo che re-immetta in circolo le risorse.
Lo ha ricordato il Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2020, realizzato dal Circular economy network (Cen), in collaborazione con Enea, e presentato in occasione della Conferenza nazionale sull’economia circolare 2020.
È in questo ambito che la Commissione europea ha approvato un nuovo Circular economy action plan.
Insomma, non c’è comunicazione d’azienda o documento politico che non la evochi, i più sapientoni spesso usano accompagnarla con green economy, altra vaga espressione che può voler intendere tantissime altre cose.
All’economia circolare, per esempio, si appella tre volte anche “Iniziative per il rilancio – Italia 2020-2022”, Rapporto commissionato dal governo durante la pandemia a un comitato di esperti.
Per chiarire ciò che l’economia circolare è, Walther Stahel, che dell’economia circolare è il padre, ha pubblicato: “L’economia circolare per principianti”.
L’architetto svizzero, possiede una Toyota Corolla del 1969 che guida da oltre cinquant’anni.
La Toyota di Stahel, sempre circolante, ha permesso di risparmiare la fabbricazione di quattro automobili.
Il veicolo è stato trasmesso al figlio di Walther, che è ben felice di ereditare e guidare la macchina del padre.
Stahel scrive: “Un’analisi delle spese totali lungo 30 anni di ciclo di vita della mia automobile indica che la quota di spese per la fabbricazione si riduce continuamente, mentre quella dei costi del lavoro di manutenzione aumenta: dal 18% dopo dieci anni, al 34% dopo 20 anni e 48% dopo 30 anni; questo vuol dire impiegare meno materiali ed energia nella produzione globale e sostituirli con maggior manodopera locale. L’automobile è ancora in uso, e ci si può aspettare che la quota dei costi per la manodopera arriverà al 75% dei costi totali”.
Ecco il punto, concretamente economia circolare, significa sostituire energia e materiali, che sono risorse scarse e costose, con lavoro umano che, al contrario, abbonda.
I prodotti industriali consumano energia e materiali e produrli genera danni ecologici.
È indispensabile, quindi, concepire e realizzare prodotti durevoli, ben riparabili e con una programmata e costante manutenzione, così da favorire la necessità di più manodopera.
Ricomporre l’economia significa, ad esempio, commerciare servizi, per produrre meno manufatti, come le automobili.
Avremmo più occupazione locale, più cura per le cose, perché saranno progettate per invogliare a conservarle, meno consumo di energia e di materiali, meno inquinamento, niente pubblicità per indurci a comprare cose che durano sempre di meno.
Che ne direste di sovvenzionare chi mi ripara e aggiorna l’auto per farla durare di più e non chi me la fa distruggere, ancora funzionante, per intascare il premio di rottamazione?
Serve, quindi, creare un modello di sviluppo diverso non tanto per ma con nuove progettualità e nuove generazioni.
Quello che è certo è che in questo post-coronavirus è difficile immaginare di raggiungere obiettivi di vita comparabili con quelli delle aree di più avanzato sviluppo in Europa e nel mondo.
Ma è comunque anche certo che tutto sarà diverso nella misura in cui il ruolo delle nuove idee e della partecipazione collettiva nella società e nell’economia potrà essere disuguale al passato.
Concludo, evidenziando che l’Italia è già tra le eccellenze mondiali, grazie alla crescita delle quantità di rifiuti trattate e all’aumento delle imprese che si occupano di riciclo.
“Siamo primi, tra le cinque principali economie europee, nella classifica per indice di circolarità, il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse in cinque categorie: produzione, consumo, gestione rifiuti, mercato delle materie prime seconde, investimenti e occupazione”, si legge nel Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2020.
Non ci resta che continuare lungo questa via.
Napoli, 10 agosto 2020