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E’ “Oligarchia Democratica” non c’è che dire
di Luigi Antonio Gambuti

La città metropolitana? E che è, la ferrovia che va da Gianturco a Bagnoli, quella in galleria?

Ma non ne hanno fatte altre di metropolitane? No, non si tratta di treni e ferrovie; si tratta di una cosa nuova, una cosa che tratta di politica e di amministrazione, una cosa che tocca pure te come cittadino elettore che paga le tasse e fruisce di servizi. Come, che significa fruisce? Beh, lasciamo stare.

Questo è un immaginario colloquio tra chi non ne sa nulla di città metropolitana e chi cerca di capirci qualcosa. Che, comunque, non è cosa facile.

La domanda è stata posta domenica scorsa, quando si è parlato di votazione per costituire il Consiglio della città metropolitana di Napoli, con Napoli capoluogo, al centro di un’area vasta comprendente i comuni che le gravitano attorno e che con essa ne condividono le sorti, nel bello e nel cattivo tempo, come si dice.

Si è votato per il consiglio e non per il sindaco, visto che la legge dispone che il sindaco della città metropolitana sia il sindaco della città capoluogo della (ex) provincia.

Vediamo brevemente di che si tratta, dopo che ci siamo informati, perché poco o niente, più niente che poco in verità, si è sentito dire in materia, come se il problema fosse limitato ai signori che già gestiscono lacerti di poteri e non materia che tocca il destino e il futuro di milioni di cittadini.

Tenendoci lontano dai numeri -per i quali nutriamo un’antica idiosincrasia- cerchiamo di capirci qualcosa e, assieme, proviamo a fare qualche riflessione e valutare serenamente il contesto storico-politico che stiamo vivendo. Si tratta di una faccenda da definire come “cosa nostra”, giocata nelle nebbie (per noi!) delle sale del potere, da parte dei soliti noti già adusi al maneggio delle carte e a mettere in conto le loro appartenenze, per lucrare la posizione più redditizia possibile.

Cos’è, dunque, la città metropolitana? Essa è il nodo principale della rete, la città madre, il “territorio di un’area ampia urbanizzata e densamente popolata, costituita da un centro (Napoli), la città principale e da una serie di aggregati urbani (i comuni) e di insediamenti produttivi che si relazionano in maniera integrale e permanente con il centro.”

Essa nasce per contenere le “esternalità negative “e, soprattutto, per catalizzare innovazione e coordinare sviluppo economico e qualità sociale.” Le sue funzioni risiedono “nella pianificazione territoriale; viabilità, traffico, trasporto, tutela e valorizzazione dei beni culturali e dell’ambiente; trattamento e smaltimento dei rifiuti ; servizi di area vasta nei settori della scuola e della formazione professionale. Tutto qui,  e,  scusate se è poco.

Ed è tutta materia di vitale importanza, per una comunità che vuole vivere appieno la fruizione dei diritti essenziali previsti dalla Costituzione.

Le città metropolitane, 15 in Italia, previste dalla legge Del Rio, domenica scorsa hanno eletto i propri consigli. Senza inoltrarci in meccanismi elettorali-che guazzabuglio il voto ponderato-diciamo subito che tutto si è svolto negli ambulacri del sistema, là dove i cittadini sono tenuti fuori e i giochi si fanno, come abbiamo scritto poco sopra, tra giocatori già “filtrati”, vale a dire già scelti come consiglieri dalle comunità municipali di provenienza. Hanno, infatti, votato sindaci e consiglieri dell’ “area vasta” per eleggerne 24 fra di loro. Il sindaco, come già detto, è il sindaco della città capoluogo, chiamato a reggere le sorti della città di nuova costituzione.

Ad elezione avvenuta, si sono registrate le solite manovre che hanno tracciato il cammino del prima e dopo la tornata elettorale. Apparentamenti, scissioni, delusioni, accordi e vie di fuga; promesse e rese dei conti, com’è d’uso nei cantieri sempre aperti della discussione senza fine che tormenta la politica. Verranno riproposte e riprodotte le stesse scene dei consigli comunali vecchia maniera, con una sola differenza. Nei consigli comunali si dibatte il destino di una comunità alla quale tutti i consiglieri sono legati dal senso di appartenenza o, quantomeno,prossimi alla realtà di cui hanno responsabilità amministrativa ; nel consiglio metropolitano la prossimità è scadente, col rischio che vince chi ha più voci a disposizione e chi è più capace di fare compromessi e apparentamenti. A spese di chi e per cosa, si lascia libero chiunque di pensare. Tante cose ci sarebbero da dire. Ne segnaliamo una. Un consigliere comunale che nel proprio municipio esercita il ruolo dell’opposizione, come agirà nel consiglio metropolitano quando la sua amministrazione di “provenienza” presenterà un progetto da valutare? Questo, si intende, nelle more di una definitiva realizzazione della riforma costituzionale.

E ci fermiamo qui, altrimenti non basterebbe il giornale a contenere tutte le riflessioni che ci vengono da fare. Nel licenziare questa nota, comunque, vorrei dare un senso alla domanda iniziale del mio immaginario interlocutore. Che cosa è la città metropolitana?
Aveva ragione e, come per lui, va trovata una definizione.
Dell’evento si è parlato poco, quasi niente, perché è stata una faccenda tutta giocata in famiglia, là dove il popolo sovrano è stato tenuto fuori dal tavolo di gioco. E’ stato, a nostro avviso, celebrato un evento prossimo alla fine reale della democrazia diretta, perché si è tutto svolto fra personaggi già selezionati da una precedente consultazione.

Si tratta di una elezione di secondo livello, come si dice.
E, per quel che conta fra le mani del sottoscritto, si sente doveroso riportare quanto ha scritto Eugenio Scalfari in merito alla democrazia diretta, come “esercizio “del popolo sovrano.

Così non è, per il Maestro chiamato in discussione.

Perché il popolo non sceglie le persone da votare. Chi le sceglie?

“Un migliaio di persone -il ponte di comando di un partito- indicano i loro rappresentanti in parlamento il quale rappresenta i milioni di cittadini che li hanno votati. Non è un’oligarchia di pochissimi che determinano la partecipazione di moltissimi i quali nel loro insieme rappresentano la sovranità del popolo e, quindi, il demos che chiamiamo democrazia”?
E’ sempre stato così, nella civiltà antica, medievale, moderna. L’alternativa è la dittatura. Oligarchia democratica o dittatura: questa è stata, è e sarà il sistema politico dell’occidente.

Non sarà così con la costituzione del nuovo senato, con elezioni di secondo livello? Farà riflettere la ragionata definizione scalfariana? Aiuterà i cittadini a capire meglio il concetto di democrazia?. Orienterà gli elettori a valutare cosa fare nel segreto della cabina elettorale?.

Napoli, 14 ottobre 2016