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Dietro le quinte dell’arte: i musei
di Martino Ariano

 

 

Nel visitare un museo restiamo incantati dalla bellezza presente tra le sue sale e spesso ci sembra infinito e in alcuni casi stancante…

Ci soffermiamo sull’enorme quantità di opere d’arte presente, tanto che spesso tempestivamente non riusciamo a vederle tutte.

Tanti i fattori ad incidere durante la fruizione e la visita di un museo, ma questo è un altro argomento.

Mi volevo invece soffermare proprio sulla mole di opere d’arte presente nei musei.

Ci crederete se vi dicessi che quello che viene esposto in un museo è solo una minima parte delle opere che possiede il determinato museo?

Ebbene sì!

Un museo è come un iceberg, ¾ della sua collezione, è sommerso, non la vediamo, giace nei depositi.

Mediamente, i musei espongono solo il 5% della loro collezione.

Ovviamente vi starete ponendo mille domande.

Prima chiariamo alcune cose:

  1. I musei sono frutto di collezioni private rese pubbliche.
  2. Ogni museo è un mondo a sé in paragone ad altri. Cioè ogni museo ha sue caratteristiche, non solo fisiche, ma anche contenutistiche e gestionali.

Anche musei con la medesima tipologia di opere esposte, differenziano per vari fattori.

Per non dire anche che spesso la struttura stessa del museo, soprattutto in Italia, è un pezzo di storia.

  1. Le collezioni sono un vero e proprio patrimonio per un museo.

Sono l’anima stessa del museo.

Il museo, il contenitore, non esisterebbe se non ci fosse il contenuto, le collezioni;

  1. I depositi, gli archivi, i caveau sono essenziali per la singola opera d’arte, non solo per il museo, in quanto permettono alle opere di essere restaurate, conservate, catalogate, registrate, eventualmente digitalizzate, con tutte le dovute precauzioni tecniche;
  2. Il catalogare e il restaurare sono all’ordine del giorno in un museo;
  3. Un’opera d’arte presenta caratteristiche non solo contenutistiche, stilistiche o storiche, ma anche fisiche che devono essere tenute in debita considerazione, soprattutto per la giusta conservazione, restaurazione e salvaguardia.

Ogni opera d’arte quindi, indipendentemente dalla sua tipologia (pittura, scultura, arte decorativa, disegno…) prevede e pretende determinate situazioni ambientali ed atmosferiche (luci, calore, agenti chimici, polvere ecc…);

  1. Di conseguenza, collezionare e soprattutto conservare arte è molto costoso.

Uno delle prime ipotesi da sfatare sui depositi dei musei è quella connessa all’affermazione: “Vabbé tanto nei depositi ci saranno opere meno importanti o di artisti sconosciuti”

A smentire tale affermazione è una ricerca condotta nel 2016 dalla rivista digitale statunitense Quartz, che prende in analisi 2.087 opere di 13 artisti conservate in 20 musei internazionali.

Ecco i risultati, pubblicati in Italia da Internazionale:
1Come si può dedurre, la gran parte delle opere di Georgia O’Keeffee, quasi la metà delle pitture ad olio di Picasso, 1/3 delle opere di Paul Cézanne o i disegni di Egon Schiele giace nei depositi.

Ma prendiamo in analisi alcuni enti museali italiani:

- Gli Uffizi hanno in esposizione 2.409 opere, altre 2.633 si trovano nei depositi e altre 2.450 in sedi esterne (ambasciate e istituzioni simili).

- Il Museo Egizio di Torino espone 6.000 reperti mentre ne conserva 30.000;

- Palazzo Madama di Torino possiede 70.000 opere, ma ne espone solo 5.000 opere;

- La Galleria di Arte Moderna di Torino conta una collezione di 50.000 opere ma di esse solo 250 sono visibili al pubblico.

- Il MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, espone sono 1/3 del suo patrimonio, i suoi 2/3 giace nei depositi, ironicamente denominati “Sing-sing” per gli enormi cancelli e grate di sicurezza presenti.

Alberto Angela nel programma Superquark del 18/07/2018 ci porta al loro interno:

Perché ciò avvenga dipende da svariati fattori, così come sono svariate le risposte.

Ogni direttore, curatore o responsabile di un museo o di una collezione, segue una propria idea o linea gestionale/espositiva.

Alcuni di essi si focalizzano maggiormente sugli aspetti della conservazione e della ricerca, pensando l’archivio, il deposito come un luogo ad hoc per proteggere e studiare l’arte. Le cosiddette “collezioni da studio”.

Altri scelgono di esporre al pubblico le loro opere nascoste.

In pratica aprono al pubblico i propri archivi e depositi, mediante apposite strutture e strumenti espositivi, come teche di vetro o scaffali scorrevoli, e mediante vari tipi di accesso, da quello canonico, del biglietto, a quello virtuale.

Queste aperture al pubblico tecnicamente si chiamano open storage.

Molti gli esempi in tal senso:

il Brooklyn Museum ha aperto i propri depositi con teche e scaffali scorrevoli;

così come il Museo del Prado di Madrid.

2Depositi del Museo del Prado di Madrid

il Broad Museum di Los Angeles ha creato delle apposite finestre per far vedere le persone al lavoro nel deposito del museo;

l’iniziativa In and Out of Storage del 2016 della Pinacoteca Reale Mauritshuis de L’Aia.
3 Depositi della Pinacoteca Reale Mauritshuis

il Museo di Capodimonte di Napoli, con i suoi 5 depositi, tra il 2018 e il 2019 ha organizzato la mostra “Depositi di Capodimonte. Storie ancora da scrivere”, curata da Maria Tamajo Contarini e Carmine Romano.
4Deposito Museo di Capodimonte di Napoli

il Mudec, Museo delle Culture, apre i suoi depositi su prenotazione;

le Gallerie d’Italia di Milano, ex Banca Commerciale, apre le porte del suo caveau, progettato ad hoc dall’architetto Luca Beltrami, mostra 500 dipinti della collezione Intesa Sanpaolo. 

Altri ancora puntano i riflettori sull’idea base del museo, ovvero il collezionismo.

Varie le soluzioni innovative in tal senso: più coordinazione e cooperazione tra musei; scambio e/o prestito di opere; investimenti cooperativi tra varie istituzioni; digitalizzazione delle opere d’arte.

La soluzione più ovvia per i non addetti ai lavori, sarebbe quella di vendere le opere non esposte.

Ciò, che nel gergo tecnico viene chiamato “alienazione”, è considerato quasi illegale e fortemente sconsigliato.

Ci sono alcune associazioni che proibiscono tale azione. Come ad esempio, l’Association of Art Museum Directors (AAMD) , che la permette solo se il ricavato della vendita sarà reinvestito nell’acquisto di altre opere. Se ciò non avviene l’associazione espelle un dato museo.

Michael O’Hare, docente di Public Policy all’Università della California di Berkeley, sostiene al contrario che i musei dovrebbero considerare le proprie collezioni come una vera risorsa economica.

Secondo i suoi calcoli, basati sulla collezione dell’Art Institute of Chicago, la vendita del solo 1% di questa collezione garantirebbe la possibilità di porre l’accesso gratuito perpetuo e di poter coprire le spese di programmi educativi e di fruizione.

Collezionare, oltre ad essere costoso in termini economici, è un investimento fisico e soprattutto culturale. Ma è essenziale non solo per il museo stesso, ma anche per la conoscenza dell’arte.

La società di evolve, avanza e le richieste cambiano, una collezione dovrebbe rispondere a queste esigenze e il museo disporre esposizioni tematiche sempre nuove.

Non dimentichiamo che l’arte, si voglia o no, è soggetta ai gusti e alla moda del momento.

Prima di presentarvi il progetto artistico connesso a questo tema, vi riporto alcuni pareri autorevoli su questa tematica.

Ne Il libro dei musei(1991) di Alessandra Mottola Molfino, ex direttore del Museo Poldi Pezzoli di Milano, si legge un vero e proprio elogio ai depositi:

I depositi sono uno strumento essenziale per la conservazione delle opere e dunque indispensabili alla vita di un museo. Le opere in deposito hanno molte più possibilità di sopravvivere nel tempo a quelle esposte al pubblico. Musei distrutti dalle guerre si sono rifatti recuperando le opere che avevano conservato nei depositi fuori sede. Nei depositi gli storici dell’arte fanno di solito le loro più interessanti scoperte.”

Mentre il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, dice:

“Io preferisco […] chiamare questo spazio “centro logistico”. […] La parola deposito mi dà idea di qualcosa di stanco e polveroso. Mentre per noi questa è parte attiva del museo: stanza d’ingresso per un’opera appena arrivata da un restauro, o che sta per partire per un’esposizione, ma anche terreno di studio e riscoperta” e continua dicendo Tutti i musei hanno più opere di quante possono mostrare. Ma il nostro compito è rendere il patrimonio visibile. Bisogna abbandonare il concetto dei quadri di serie A e di serie B […] Bisogna almeno favorire la rotazione degli allestimenti”

Infine, il direttore del Museo di Capodimonte di Napoli, Sylvain Bellenger, considera il deposito come “il respiro e spesso il futuro del museo”.

In effetti, se ci pensiamo bene, gli archivi, i depositi sono potenti fonti d’ispirazione, non solo per la ricerca, ma anche per future e nuove esposizioni tematiche.

Il mondo statunitense in tal senso è all’avanguardia, e molto interessante risulta essere il progetto messo in campo dal MoMA (Museum of Modern Art) di New York.

Sul suo canale Youtube ha pubblicato At the Museum una vera e propria serie, formata per ora da due stagioni, ognuna di 8 episodi (sottotitolati in italiano), dedicata al dietro le quinte del museo.

Link: https://www.youtube.com/playlist?list=PLfYVzk0sNiGF8ZYj6TZPvLyiuWRHp-d76

Ma passiamo al progetto d’arte che ho scelto.

Per tale tematica non potevo non tenere in considerazione “Treasure rooms”, il lavoro fotografico realizzato dall’artista veronese Mauro Fiorense (1970-2016).

Con i suoi 26 scatti, realizzati tra il 2014 e il 2016, ci ha restituito, con un gioco di concatenazioni visive, i depositi di 13 musei italiani, tra questi: gli Uffizi, la Galleria Borghese di Roma, il Museo Archeologico Nazionale e quello di Capodimonte di Napoli, il MOART di Rovereto, il Museo Correr di Venezia o il Museo di Castelvecchio di Verona.
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Il dietro le quinte di un museo è suggestivo, carico di emozioni.

Ma esporre tutte le opere richiederebbero spazi enormi, il triplo se non il quadruplo degli spazi attuali, per non contare gli enormi costi di restaurazione connessi.

Ovviamente ripeto, le opere nei depositi, non sono lasciate a se stesse, sono catalogate e gradualmente restaurate.

Infine mi sorge spontaneo il paragonabile, forse forzato, con le nostre dispense, i nostri magazzini o i nostri riposti di casa.

Delle vere e proprie Wunderkammer (stanze delle meraviglie), in chiave domestica, dove accumuliamo: cose del passato, pregne di ricordi; cose del presente, che utilizziamo poco, ma che non vogliamo cestinare; cose del futuro, che ci serviranno prima o poi. Resta il fatto che li conserviamo.

Custodire, conservare è un atto da non sottovalutare, soprattutto in un’epoca consumistica come la nostra, dedita all’ “usa e getta”.

Custodire, spero con accortezza e ordine, è un atto di salvaguardia, di cura per un qualcosa di materiale si, ma carico di un qualcosa per noi importante.

Ovviamente un’opera d’arte porta con sé un carico molto più importante di una passata di pomodoro della nostra dispensa.

A prescindere se sia un capolavoro o una prova d’autore, o uno schizzo, o una prova mar riuscita di un’opera, detiene la magia, il valore di essere un pezzo di umanità.

E se questo pezzo di umanità potesse qualche volta essere vissuto e fruito dal pubblico generico ben venga, anzi il museo in questione esaurirebbe il suo compito esistenziale, rendere fruibile, pubblico un bene prezioso di inestimabile valore.

 Dovremmo osservare di più il dietro e quinte delle cose, anche se può risultare difficile o stancante, perché è lì che risiede il motore pulsante di ciò che vediamo ben preparato frontalmente.

 Investigare e custodire sono atti di umanità e di ricchezza personale e interpersonale.

Madrid, 25 luglio 2022