sab 23 NOVEMBRE 2024 ore 12.19
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DAL GIAMBELLINO A TOR SAPIENZA
L’ITALIA FRANA

di Luigi Antonio Gambuti

Diversi sono i segnali arrivati dalla terra dei canguri. Tra questi, due sono da cogliere per le dinamiche che vanno ad attivare: l’uno, l’isolamento di Putin per le questioni ucraine; l’altro, per la diffusa attenzione per la rottura”pilotata”del cosiddetto patto di stabilità, quel patto che sta soffocando l’economia europea e sta, in diversa misura, influenzando negativamente lo sviluppo dei paesi dell’eurozona.
Per il nostro paese sta compromettendo quasi del tutto il welfare costruito ed alimentato per decenni, dando l’avvio ad una emergenza sociale che trova il suo totem più significativo nella disoccupazione e nella conseguente condizione di povertà di milioni di persone.
Del primo, quello che riguarda la questione russo –ucraina, ci limitiamo alla sua segnalazione come elemento di rischio per la rottura dei delicati equilibri internazionali costruiti dopo la caduta del muro di Berlino e come l’abbrivio di una politica egemone che fa del ricatto e dell’intimidazione la sua cultura identitaria.
Non abbiamo competenze in discipline geopolitiche e facciamo punto, segnalando il rischio che si corre per un ritorno ad una improbabile quanto perniciosa guerra fredda che ci porterebbe indietro e riproporrebbe una divisione del mondo in forte contrasto coi processi di globalizzazione dei mercati e delle culture in atto da decenni.
Al massimo, abbiamo qualche competenza di carattere fantapolitico, abituati come siamo a ricevere e a metabolizzare promesse su promesse, fatte a mani larghe dai rappresentanti della classe dirigente del paese, nella convinzione che niente più di tanto sarà realizzato, nell’attesa di sentirne altre ed altre ancora,in una giravolta di speranze ed illusioni tutte giocate sulla disperazione delle classi più indigenti.
Dal secondo segnale non si può non trarne che una soddisfazione ed orientare le vele alla speranza.
La speranza che qualcosa cambi e si inverta la tendenza e si ricominci a vivere,pur se lentamente,con la garanzia di poter soddisfare le richieste minime per un dignitoso tenore di vita. Finora così non è stato e l’assenza di intervento ha messo in crisi milioni di famiglie, costrette alla fame da politiche dissennate nel settore finanziario, con disastrose ricadute sull’economia e sul sistema produttivo del paese.
Finalmente il nostro Presidente quattrovolteventi , che abbaiava alla luna come un lupo solitario per rompere il pernicioso patto di stabilità, finalmente, ha trovato consenso e compagnia nel contesto mondiale , se anche lo stesso Obama ha convenuto che senza l’allentamento del rigore imposto dalla egemonia dei mercati finanziari, la crescita e lo sviluppo non sarebbero stati garantiti.
E di questa presa d’atto di un’inversione di tendenza se ne è avvertito un ulteriore immediato bisogno, per via delle condizioni di precarietà sociale e ambientale che in questo inizio di autunno stanno mettendo in crisi la tenuta del Paese.
Ad oggi, e proprio in queste ore, due sono le questioni che tengono la scena . E sono questioni dirompenti.
Esse da un parte impegnano i cittadini a subirne le conseguenze e dall’altra sollecitano la politica ad attivare misure di emergenza di un tenore prima mai visto.
Si tratta di due questioni: l’una di carattere ambientale, l’altra di carattere sociale.
La prima, quella riguardante il dissesto idrogeologico con la conseguente rovina di uomini e cose, la seconda con le vicende del Giambellino e Tor Sapienza, che rappresentano la parte più evidente di un disagio crescente e di una crescente crisi sociale , innescata da diffuse povertà e altrettanto pericolose derive di ordine razzista.
Per le due questioni viene chiamata in causa la politica, l’assenza e la distanza dai reali problemi della gente, la sua inconcludenza, se non la sua diffusa tendenza a gestire il proprio tornaconto fatto di voti e di prebende, a scapito della difesa dell’interesse comune che dovrebbe essere la missione per la quale i politici sono incardinati e lautamente compensati nel sistema.
Il Nord che frana e che sprofonda, il Nord che richiama attenzione e salvaguardia, denuncia apertamente l’assenza dell’impegno e la leggerezza con la quale sono e sono stati trattati argomenti di delicatissima natura.
Solo oggi, dopo che lo sfascio del territorio s’è alzato ai massimi livelli; solo oggi che si contano morti e si calcolano danni d’una misura mai temuta prima, solo oggi che la comunicazione massmediale ha denunciato al mondo intero l’inerzia delle istituzioni e l’inanità degli sforzi di coloro i quali-pochi in verità-hanno paventato da tempo i rischi e i disastri collegati all’assenza di intervento, solo oggi si corre ai ripari con misure eccezionali, reclamando la rottura del patto di stabilità e la messa in sicurezza di quanto tanto tempo prima doveva essere messo in tale condizione.
La natura violentata ogni tanto si prende la rivincita e specialmente in Liguria, la rivincita ha messo in ginocchio l’arroganza e la supponenza della classe dirigente, chiamandola a dare conto delle sue molteplici inadempienze,con il conseguente carico di morti e di disperazione.
E c’è, da qualche parte, c’è chi parla ancora di condoni.
La seconda delicatisima questione che sta dilaniando la tenuta sociale del paese, è quella relativa alla occupazione delle case popolari da parte di coloro i quali, qui da noi, non hanno fatto altro che sistemarsi come meglio potevano.
Chi può dar torto a coloro i quali trovando larga una via l’hanno percorsa per sistemarsi e trovare spazio laddove nessuno provvede a custodire il bene comune? Chi?
Sia ben chiaro. Una cosa è occupare case abitate e lasciate incustodite , una cosa è occupare case mai abitate , mai assegnate e oggetto di atti vandalici continui.
La prima occupazione è da delinquenti e va perseguita duramente nei termini in cui la legge lo consente.
La seconda occupazione, pure se non legittima e facendo tara delle difficoltà di relazione con i residenti, gode del tasso di emergenza che induce il soggetto che ne è vittima a fruire di un bene abbandonato e che,per giunta, è stato costruito a spese della comunità
Costruito e mai assegnato, per via di una burocrazia che brucia ogni iniziativa, per via di una gestione clientelare dei beni immobiliari destinati a coloro i quali versano contributi direttamente dalla busta paga, data nelle mani di soggetti portatori di consensi del sottobosco politico e/o di trasversali interessi che niente hanno a che vedere con l’interesse comune. Comunque , si è innescata una miccia che minaccia lo scoppio della polveriera sociale in cui si è ridotta l’italia.
Non c’è solo Milano o Roma in quelle condizioni.
Ogni città, ogni periferia soffre delle stesse patologie.
Non parliamo di Napoli e delle sue periferie, chè faremmo notte. Qui da noi si sta peggio che altrove e l’emergenza non fa notizia perché è la normalità del quotidiano. Ma una cosa va detta.
Che si faccia presto, che si faccia luce prima che il buio cali dal tutto.
Le condizioni per intervenire ci sono , manca l’impegno, manca il coraggio, manca attenzione per le cose vere, queste , distratti come si è da questioni di potere per garantirsi le poltrone di oggi e quelle prossime venture.

Napoli, 23 novembre 2014