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Che cosa state cercando? Venite e vedrete.
di frate Valentino Parente

 

 

 

Ognuno di noi è chiamato.
Non siamo chiamati in massa,
ma siamo chiamati uno per uno,
ciascuno con i nostri difetti,
i nostri pregi, i nostri sogni.


II Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
517 gennaio 2021 Sant’Antonio Abate

 

Prima lettura 1Sam 3,3-10.19
Seconda lettura 1Cor 6,13-15.17-20
Vangelo Gv 1,35-42

 

Nel primo capitolo del suo Vangelo, l’evangelista Giovanni ci conduce attraverso una specie di viaggio temporale, lungo una settimana completa, calcolata quasi giorno per giorno e scandita, per ben tre volte, dall’espressione “il giorno dopo”, fino ad approdare al giorno delle nozze di Cana, “tre giorni dopo”, dove Gesù manifestò la sua gloria”.

La descrizione di questi eventi, racchiusi in una settimana, ci ricorda un’altra settimana in cui Dio opera: la settimana della creazione.

Quasi a dire che è in atto una nuova creazione, una nuova vita, offerta dalla persona e dall’insegnamento di Gesù.4

Il brano ascoltato oggi viene comunemente indicato come “la chiamata dei primi discepoli”.

L’evangelista parla di due discepoli, ma ne nomina solo uno, Andrea, l’altro resta senza nome.

Con molta probabilità è lui stesso, l’evangelista, testimone oculare di quella esperienza così importante con Gesù.

Probabilmente sia Andrea che Giovanni, insieme ad alcuni altri, erano discepoli del Battista e, aiutati dalla testimonianza del loro maestro, lo lasciano per seguire Gesù.

Ci troviamo sulle rive del Giordano, dove Gesù era stato battezzato. “Il giorno dopo, Giovanni (il Battista) stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!».

Ecco l’inviato, il servo del Signore, capace di togliere il peccato del mondo.  “E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù”.

“Ecco l’agnello di Dio!”.

Il Battista conosceva Gesù e nella sua predicazione lo aveva identificato con vari titoli.

Ma quel giorno, trovandosi con i suoi discepoli, non a caso ha preferito indicarlo con il titolo di “agnello di Dio”.

Un titolo che rievoca una immagine molto importante nella Bibbia.

Rievoca l’immagine del servo sofferente di Jhawè che, come agnello mansueto, viene condotto al macello e porta su di sé i peccati del popolo.

Ma l’immagine richiama anche l’agnello pasquale al quale “non sarà spezzato alcun osso” (Gv. 19,36) e che l’evangelista accosterà più tardi alla morte innocente di Gesù in croce.

index2Entrambi questi riferimenti portano a vedere nella figura di Gesù il mediatore tra Dio e gli uomini, che accetta di prendere su di sé le conseguenze del male del mondo con un atto estremo d’amore e d’offerta di sé a Dio.

L’evangelista, attraverso le parole del Battista, vuole anche sottolineare come questo agnello “toglie” il peccato del mondo.

Il verbo greco che traduce “toglie” significa letteralmente “prendere su di sé”; quindi l’agnello di Dio toglie il peccato del mondo prendendolo su di sé!

Caricandoselo sulle sue spalle. Ritorna l’idea dell’agnello, che viene caricato dei peccati del popolo e immolato come vittima innocente.

I due discepoli si mettono dunque dietro a Gesù, e questi, sentendosi seguito, si volta e domanda: “Che cosa cercate?”.

È la prima parola che l’autore del quarto vangelo, mette sulla bocca di Gesù.

È strano, perché ai due discepoli che lo stavano seguendo avrebbe dovuto dire: “Chi cercate?”.

E la risposta ovvia sarebbe stata: te, Signore!

Vogliamo conoscerti, vogliamo stare con te.

Ma la domanda di Gesù è un’altra: “Che cosa cercate?”.

Sembra banale, ma in realtà è molto profonda.

È una domanda fondamentale.

È la domanda più importante che possiamo fare ad un uomo: da quando nasci a quando muori, cosa cerchi? perché ti affatichi? che cosa vuoi,7 cosa desideri? a cosa aneli? Qual è la cosa importante nella tua vita?

È la domanda che Gesù pone a tutti coloro che gli vanno dietro, che in qualche modo si interessano a lui: che cosa stai cercando nella tua vita?

Gesù vuole, in certo modo, verificare, maturare, la ricerca dei due discepoli.

Infatti c’è la ricerca sincera e umile, come quella di Nicodemo (Gv 3,1-2) e c’è la ricerca ambigua delle folle, dopo il segno dei pani, che inseguono Gesù per farlo re (cfr. Gv 6, 24-26). E c’è anche l’illusione di chi pensa di cercare Cristo, ma in realtà cerca solo sé stesso (come scribi e farisei). Per questo il Maestro in persona si premura di fare chiarezza.

Rabbì, dove dimori?”. Letteralmente: “Dove rimani?”. È la domanda che i due discepoli pongono a Gesù, al loro primo incontro.

Il verbo rimanere, secondo l’evangelista Giovanni, è un verbo importante, teologico, dice comunione di vita, partecipazione di esistenza.

Rimanere non è il verbo della staticità,
ma è il verbo della dimora, della consistenza:
come ti poni? dove ti collochi?

“Dove abiti?
Non è semplicemente
la richiesta dell’indirizzo di casa.
È il desiderio di conoscere dove sta Gesù,
dove lo si possa incontrare.
E Gesù propone loro un’esperienza,
non spiega una teoria astratta, ma rivolge loro un invito:

“Venite e vedrete!”.
Vedete voi stessi, sperimenterete, conoscendomi
dove dimoro, chi sono, cosa faccio, cosa penso.

È la strada che Gesù ha proposto ai discepoli: stare con lui per conoscerlo veramente.

3È la proposta che continua a fare a ciascuno di noi: “venite e vedrete”.

Per poterlo conoscere, bisogna stare con lui.

Bisogna aderire a lui, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze.

Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio”.

Ma che cosa era capitato di così importante, da fissare nella memoria dei due discepoli anche l’ora esatta?

È il ricordo del loro primo incontro con Gesù. Era impossibile, anche a distanza di molti anni, dimenticare quel giorno, quel luogo, quelle circostanze.

Capita così per ogni incontro importante e decisivo. Un momento decisivo della vita non si dimentica mai. Il primo incontro tra fidanzati, il momento delle nozze, la nascita di un figlio, un lutto, il primo incontro, consapevole e autentico, con il Signore che segna una vocazione.

E così i discepoli: «Andarono…, videro…, rimasero…».

Hanno raggiunto compiutamente la fede quando rimangono”, in greco “dimorano con”, “abitano nella stessa casa.

Ciò significa non solo un contatto, ma un incontro con Cristo, incontro che diventa frequentazione assidua della sua persona, della sua vita, del suo modo di pensare.

Non ci è dato sapere cosa si dissero, sappiamo però che decisero di ri­manere con lui tutta la vita.

E non solo. Andrea rimase così affascinato da quell’incontro che lo disse al fratello Simon Pietro e lo condusse da Gesù

Leggendo più avanti, troviamo che lo stesso fece anche Filippo con Natanaele.

Anche Giovanni lo disse al fratello Giacomo, perché, in seguito troviamo anche lui nella cerchia dei discepoli di Gesù.

L’evangelista Marco ci racconta come, di lì a poco, essi abbandonarono il loro mestiere di pescatori, dissero addio ai propri affetti, e rimasero allachiamato sequela di Gesù.

Ognuno di noi è chiamato. Non siamo chiamati in massa, ma siamo chiamati uno per uno, ciascuno con i nostri difetti, i nostri pregi, i nostri sogni.

E non dobbiamo vergognarci dei nostri limiti, dei nostri peccati…

Bisogna andare da Gesù così come siamo. Ed egli si fa carico della nostra vita.

Nel momento in cui ci chiama egli promette una riuscita, un cambiamento perché lui è il Maestro.

Ti prometto, dice a Pietro, tu diventerai pescatore e non di cefali e sardine, ma diventerai pescatore di uomini, e chi garantisce questa trasformazione non sei tu, ma io, perché nulla è impossibile a Dio”.

 Nola, 16 gennaio 2021