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Avvicinare il luogo di produzione del rifiuto al suo trattamento: gli impianti di compostaggio locale
di Pasquale Falco

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battello_terraGli impianti di compostaggio locale, normativamente, sono stati introdotti grazie alle modifiche al TUA (Testo unico ambientale, D.lgs. 152/2006) operate dalla L. n. 221/2015.

Tali impianti sono parte fondante degli impianti di prossimità, cosiddetti perché ubicati nelle prossimità dei luoghi di produzione dei rifiuti organici.

Il compostaggio locale è regolamentato dal co. 7 bis dell’art. 214 del TUA, ma l’attribuzione “locale” a tali impianti è effettuata da una Nota di chiarimenti interpretativi del Ministero dell’Ambiente, MATTM, prot. n. 4223 del 07.03.2019, per differenziarli dagli altri impianti.

Nella figura seguente sono rappresentate le varie tipologie di impianti che sono riconducibili agli impianti di compostaggio di prossimità.

 fig.1fig. 1 – Classificazione degli impianti di prossimità)

 

Nel seguito viene effettuata la rassegna normativa prevista per la realizzazione e l’attivazione di un impianto di località, prevista dal co. 7-bis dell’art. 214-TUA:

  • specifica le tipologie di attività e di utenze da cui si originano i rifiuti biodegradabili che possono essere conferiti negli impianti di località; compostaggio_comunità-300x200tali rifiuti devono provenire da attività agricole e vivaistiche o da cucine, mense, mercati, giardini o parchi;
  • fissa la capacità massima di trattamento per tali impianti, che deve essere inferiore a 80 tonnellate annue di rifiuti in ingresso;
  • stabilisce che tali impianti debbano trattare esclusivamente i rifiuti raccolti nel comune dove essi sono prodotti e nei comuni confinanti, che stipulano una convenzione di associazione per la gestione congiunta del servizio;
  • gli impianti sono realizzati e posti in esercizio mediante una procedura autorizzativa semplificata (denuncia di inizio di attività, DIA, ai sensi del T.U. in materia edilizia, di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380);
  • statuisce che gli impianti possono essere ubicati anche in aree agricole, nel rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica, delle norme antisismiche, ambientali, di sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative all’efficienza energetica nonché delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D. Lgs 22.012004 n. 42;
  • stabilisce che, preliminarmente all’inoltro della DIA, deve essere acquisito il parere dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPAC) e deve essere predisposto un regolamento di gestione dell’impianto, che preveda anche la nomina di un gestore da individuare in ambito comunale.

agriculture-backyard-blur-296230-1068x400Altre informazioni preziose sulle modalità organizzative e gestionali del compostaggio locale si rinvengono nella citata nota di chiarimenti interpretativi del MATTM; con le ulteriori precisazioni della nota si ritiene:

  • che il rifiuto organico può essere conferito all’apparecchiatura direttamente da parte delle utenze che lo hanno prodotto, ma può essere conferito dal produttore anche ad un sistema di raccolta e di gestione dei rifiuti; da tale evenienza, pertanto, discende che il soggetto produttore del rifiuto può anche non coincidere con il conferitore oltre che con l’utilizzatore del compost. Nel caso di raccolta e gestione dei rifiuti da parte di un soggetto terzo rispetto all’utente che ha prodotto il rifiuto, il soggetto in questione è comunque tenuto al rispetto della normativa relativa alla gestione dei rifiuti e, in particolare, all’iscrizione all’albo dei gestori dei rifiuti;
  • il compost prodotto da questi impianti deve rispettare i parametri stabiliti dalla norma sui fertilizzanti (D. Lgs. n. 75/2010) per glinotizia_compostaggio1ammendanti compostati, per cui richiede un ciclo di trattamento complessivo di almeno alcuni mesi, comprensivi del periodo di biossidazione iniziale e del periodo di maturazione (curing phase);
  • relativamente alle emissioni in atmosfera, alle attività di compostaggio locale si applica la deroga all’autorizzazione così come previsto dallo stesso co. 7 bis dell’art. 214-D. Lgs n. 152/2006, salvo specifiche indicazioni del parere rilasciato da ARPA.

Da evidenziare, infine, che la nota MATTM in un’ultima considerazione statuisce che “il compostaggio locale non debba necessariamente essere effettuato dal Comune, ma possa essere intrapreso anche da altri soggetti”.

Ne deriva che il compostaggio locale può essere a servizio di una collettività di utenze, ma può essere anche attivato, ed ovviamente a servizio, di una utenza singola, quale ad esempio un albergo privo di aree a verde, oppure un mercato. Proprio queste ultime tipologie di utenze, identificabili come “altri soggetti” nella nota di chiarimenti del MATTM (diversi dal Comune, come al co. 7 bis), possono trasformare, in un’area di cui abbiano disponibilità, i propri rifiuti biodegradabili e produrre compost di qualità il cui utilizzo può avvenire anche in posti diversi dal luogo di trasformazione ed anche da parte di utilizzatori finali diversi dall’iniziale produttore del rifiuto organico trasformato. Alla luce di quanto detto, pertanto, la classificazione degli impianti di compostaggio può rappresentarsi anche come alla seguente Figura 2.

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Fig. 2 – Ulteriore classificazione degli impianti di prossimità)

Va segnalato infine, che nell’ambito del compostaggio di prossimità, la Regione Campania, ai sensi dell’art. 180 co. 1- septies del TUA, sta attuando un programma straordinario (art. 45 della L.R. n. 14/2016), che prevede l’acquisto, e l’assegnazione ai Comuni richiedenti, di apparecchiature per il compostaggio locale e di comunità con potenzialità annua di trasformazione di 60, 80 e 130 tonnellate di rifiuto organico, da installarsi nei territori di pertinenza.
Tali apparecchiature saranno allocate in strutture prefabbricate così come al layout riportato nel seguito, nel quale sono indicate le diverse sezioni che costituiscono l’impianto.

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Napoli, 22 febbraio 2021