Agnelli Serpenti.
Agnelli Serpenti.
di Carlo Gimmelli
Cosa c’è dietro la guerra tra Margherita Agnelli e i figli Elkann: un conflitto sentimental-economico tra vecchi rancori, miliardi e il controllo dell’impero di famiglia.
Erano chiamati i reali senza corona, gli Agnelli, l’iconica famiglia che nel novecento ha rappresentato lo Stile italiano nel mondo: non solo automobili e motori ma uno modello di vita inimitabile tra eleganza, fascino, potere e tanto danaro, il tutto shakerato e incarnato nel mito di Gianni, per tutti l’Avvocato, l’uomo che dava del tu ai potenti della terra, il prescelto dal nonno Giovanni , il senatore, che da visionario assoluto fondò nel 1899 quella che sarebbe diventata la più grande azienda privata italiana.
E’ stato il simbolo del made in Italy della seconda metà del novecento, colui che ha reso la famiglia Agnelli, industriali ex possidenti agricoli, la Royal family ma anche uno spregiudicato falco della finanza, un abile mediatore in grado di ottenere dalla politica fiumi di danaro pubblico che hanno tenuto a galla la FIAT durante le frequenti e cicliche crisi produttive, un incorreggibile narciso, un collezionista di amori più o meno clandestini e, soprattutto, un padre assente e disinteressato che ha scontato la sua vita da re con il più alto dei prezzi da pagare: il suicidio del figlio Edoardo, l’ultima delle tragedia famigliari che hanno segnato la storia della dinastia.
Edoardo e Margherita, i figli dell’uomo più potente d’Italia che in modi diversi ma ugualmente dolorosi hanno chiuso il cerchio della dinastia raccontando all’opinione pubblica una storia diversa dalla narrazione glamour e mitologica degli Agnelli.
L’Avvocato era troppo iconico, troppo internazionale, troppo innamorato della vita e di sé stesso, troppo di tutto per ricordarsi di essere un padre e i figli erano il prezzo da pagare per garantire la linea ereditaria per lui che era diventato il capofamiglia e il punto di riferimento dei sei fratelli, alla morte della madre Virginia Bourbon e del nonno Giovanni nel 1945, ad appena 24 anni.
Il matrimonio con la nobildonna di origini napoletane Marella Caracciolo di Castagneto, insomma, apparve più come un dovere da erede al trono che un affare di cuore, per lui che, con inimitabile cinismo, definiva l’amore “roba da cameriere” e il ruolo di ambasciatore dell’italian style nel mondo e di impenitente amatore (da Anita Ekberg a Jackie Kennedy passando per Pamela Churchill) relegarono la figura di marito e padre alla mera narrazione ufficiale.
Due figli cresciuti in una dorata solitudine, due predestinati ad una vita segnata da lusso e precettori, obblighi e isolamento che determineranno ben presto nel primogenito ed erede Edoardo un senso di inadeguatezza e frustrazione nei confronti del mito irraggiungibile del padre che tenterà vanamente e goffamente di imitare nel corso della sua breve esistenza e in Margherita una ribelle insofferenza verso l’ovattato e rigido establishment imposto dal rango che si sposò appena ventenne con Alain Elkann, italoamericano, rampollo di una ricca famiglia di banchieri di origine ebraica.
Gianni Agnelli, del resto, capì molto presto che l’unico figlio maschio non sarebbe mai diventato il suo erede alla guida della FIAT ed individuò nel brillante e fascinoso nipote Giovannino, figlio del fratello minore Umberto, Il successore ideale per garantire un Agnelli alla presidenza del gruppo, fedele al dogma imposto dal nonno fondatore: “In FIAT si comanda uno per volta”
Il progetto di successione saltò tragicamente per la morte di Giovannino ad appena 33 anni per un rara forma di tumore che lo uccise in pochi mesi ; ricalcando le scelte del nonno Giovanni anche Gianni Agnelli decise di saltare una generazione e puntò sul giovanissimo nipote John Elkann, figlio di primo letto della figlia Margherita, appena diciottenne, allontanandolo quasi d’imperio dalla madre e, di fatto, adottandolo per prepararlo al complesso passaggio di consegne.
Il disinteresse del padre e la seconda bocciatura pubblica per un ruolo apicale nella galassia FIAT fece precipitare il già fragile Edoardo in un inferno esistenziale di depressione e abuso di droghe pesanti e un paio di disavventure giudiziarie, che videro coinvolto il già maturo rampollo e che misero in imbarazzo la famiglia, incrinarono definitivamente il rapporto tra i due e la tribolata esistenza di Edoardo Agnelli terminò con il tragico volo da un cavalcavia nel novembre del 2000, data che coincise con l’inizio della grande crisi del colosso industriale e il declino fisico e morale del grande vecchio dell’industri italiana.
Ma il peggio, evidentemente, doveva ancora arrivare. Gianni Agnelli si spense nel gennaio del 2003 nel pieno della crisi FIAT più devastante dal dopoguerra e solo la discesa in campo del semi sconosciuto manager Sergio Marchionne salvò la più grande industria privata italiana dal fallimento.
Invero il progetto successorio architettato dall’Avvocato e dai suoi legali per mettere il nipote a capo dell’azienda con un complicato mosaico di cessioni di quote da parte della vedova Marella Agnelli, evidentemente non aveva fatto i conti con la resilienza di Margherita che da subito sospettò che una consistente fetta dell’enorme eredità paterna fosse stata nascosta nell’inestricabile labirinto di fiduciarie anonime di paradisi fiscali.
Da qui una ventennale guerra matricida e figlicida con accordi di buonuscite miliardarie poi rinnegati, fragili riappacificazioni, strategiche interviste ai giornaloni per denunciare vessazioni e violenze psicofisiche ma soprattutto complicate liti giudiziarie tra Margherita e sua madre prima e, dopo la morte di quest’ultima, contro i figli di primo letto, gli Elkann, accusati di frode fiscale e di aver organizzato un complicato progetto di false residenze svizzere per l’anziana nonna Marella al fine di gestire la miliardaria eredità secondo le larghe maglie della giurisprudenza elvetica.
Nel 2020 ad oltre 15 anni dall’accordo sull’eredità Agnelli, Margherita decise di impugnare in Svizzera il contratto con cui rinunciava alle quote che le spettavano.
Di recente, è stata avviata un’indagine sull’eredità Agnelli, con un sequestro di beni del valore di 74 milioni di euro e accuse di truffa e frode fiscale nei confronti dei fratelli Elkann.
Ipoteticamente, se la procura di Torino dovesse accertare che le residenze svizzere e marocchine di donna Marella, come parrebbe dalle intercettazioni, erano solo un escamotage per nascondere la reale residenza italiana, crollerebbe l’architrave su cui poggia l’intera eredità dell’Avvocato e potrebbe essere messa in discussione la titolarità delle quote della Dicembre, la società semplice, un gioiellino da 5 miliardi di euro, ovvero il 50% dell’intera eredità del fondatore Giovanni Agnelli, architettata dall‘Avvocato per tenere salde le redini dell’Impero con quote cedibili solo a suoi consanguinei diretti.
Ed è proprio la società semplice “Dicembre” il cuore della lite penale e civile tra gli Agnelli: una società generalmente utilizzata da piccoli commercianti o agricoltori che l’Avvocato utilizzò per contenere le chiavi del suo impero e alla sua morte la moglie Marella “cedette” le sue quote e quelle del marito al nipote John dando scacco matto alla figlia che si ritrovò in minoranza senza alcun potere decisionale.
Ed è qui che gli inquirenti sospettano la frode: mancano, infatti, le tracce telematiche dei pagamenti che i nipoti avrebbero corrisposto alla nonna per rilevare le azioni e se fosse dimostrato che si trattò di vendita simulata, Margherita potrebbe tornare in possesso delle quote della madre e invalidare la nomina di John a capo della società.
Oggi la Dicembre è saldamente nelle mani di John Elkann per il 60% e dei fratelli Lapo e Ginevra con il 20% a testa in virtù dei lasciti di nonna Marella.
Da qui parte a cascata tutta la ragnatela della galassia Gianni Agnelli: la Dicembre possiede il 100% della Exor, soprattutto, che controlla i gioielli di famiglia, Stellantis, Ferrari, Juventus, Philips, GEDI media oltre una miriade di partecipazioni minori.
Questa, a oggi, la ripartizione del patrimonio della galassia Agnelli che, ormai, assomiglia molto più ad una finanziaria multi tentacolare che ad una fabbrica di automobili.
• Dicembre (John Elkann e eredi Giovanni Agnelli) – 39,7%
• Ramo Maria Sole Agnelli – 11,2%
• Ramo Umberto Agnelli (Andrea Agnelli e Anna Agnelli) – 8,9%
• Ramo Giovanni Nasi – 8,7%
• Ramo Laura Nasi-Camerana – 6%
• Ramo Cristiana Agnelli – 5,05%
• Ramo Susanna Agnelli – 4,7%
• Ramo Clara Nasi-Ferrero di Ventimiglia – 3,4%
• Ramo Emanuele Nasi – 2,5%
• Ramo Clara Agnelli – 0,28%
• Azioni proprie – 8,2%
Di certo, il clamore mediatico della guerra degli Agnelli serpenti ad oggi ha solo disvelato che Gianni, il sogno italiano, l’uomo che risollevò l’immagine del paese dopo la guerra, il divo da copertina che furoreggiava nella “notti bianche” monegasche degli anni ’50, non era poi tanto diverso dal “cumenda” italico che imboscava i fondi neri negli improbabili forzieri di amene località offshore.
Di recente, è stata avviata dalla Procura di Torino un’indagine sull’eredità Agnelli, con un sequestro di beni del valore di 74 milioni di euro, con accusa di truffa e frode fiscale, nei confronti dei fratelli Elkann.
La sanguinosa contesa è stata condita, poi, con una buona dose di veleni tra madre e figli sparsa sui media.
L’incipit ad opera di Margherita Agnelli nel 2004, quando il settimanale “F” riportò il suo sfogo e le accuse verso la madre per averle sottratto un figlio come se fosse suo e di aver escluso i figli avuti dal secondo matrimonio, altri cinque avuti dal conte De Pahlen, dalle ricchezze di famiglia.
Le successive schermaglie hanno raggiunto l’acme con la bombastica intervista di John Elkann a “L’Avvenire” e al settimanale francese “Le point” che raccontava gli abusi fisici e psicologici che lui e i due fratelli avrebbero subìto fin dall’adolescenza per il carattere violento della madre specie dopo il secondo matrimonio.
La contesa per l’eredità Agnelli probabilmente ci riserverà altri poco ortodossi colpi di scena, quello che pare certo, al di là della enorme posta in palio, è che si origina da antichi rancori probabilmente mai sopiti che paiono l’indegna conclusione della favola tragica di una dinastia ricca e dannata.
Napoli, 16 gennaio 2025