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La risoluzione del Parlamento europeo sul sistema carcerario
di Matilde Donnarumma

I deputati del Parlamento europeo, il 5 ottobre a Strasburgo, hanno votato con 474 voti favorevoli, 109 contrari e 34 astensioni una risoluzione che invita gli Stati membri a investire nel sistema carcerario per renderlo stato di diritto, tutela e sostegno per i detenuti e di conseguenza per poter prevenire e contrastare la radicalizzazione che è alla base della ramificazione del terrorismo.

Come è nello spirito delle leggi nei paesi avanzati, la soluzione ottimale è investire i propri sforzi nella prevenzione e solo come misura di ultima istanza nella carcerazione atta, però, solo alla corretta rieducazione allo scopo di una definitiva reintegrazione dei detenuti nella società.

Attualmente il carcere non offre misure correttive, non è di sostegno al detenuto a cui vengono sottratti la dignità umana attraverso la negazione dei più fondamentali diritti umani.
Attualmente le pene detentive, per il Parlamento europeo, non sono altro che incubatori di criminalità e il rischio di radicalizzazione di matrice terroristica dovrebbe essere un campanello di serio allarme per la sicurezza di tutti gli Stati. È questo il percorso che rischiano di fare le carceri secondo i membri del Parlamento europeo.

“Nella maggior parte dei Paesi dell’UE, la società civile si è allontanata dalle carceri, la maggior parte delle quali sono vecchie e sovraffollate. È giunto il momento di adottare una concezione più umana della vita carceraria, di vietare le carceri troppo grandi, di promuovere alternative all’incarcerazione e di adeguare le istituzioni al profilo dei detenuti”, ha dichiarato la relatrice del testo, la francese Joëlle Bergeron degli euroscettici Efdd.
Ricordando che si tratta di una competenza nazionale, la Bergeron ha chiesto alle istituzioni comunitarie di “orientare i Paesi verso una gestione delle carceri e dei detenuti più coerente con il rispetto dei diritti umani”.
Il sovraffollamento delle carceri rimane un problema in 15 Paesi, tra cui alcuni Stati membri come in particolare l’Ungheria, il Belgio, la Grecia, la Spagna, la Francia, il Portogallo e l’Italia. Se le carceri d’Europa sono prossime alla saturazione nella loro capacità d’accoglienza, le case circondariali la superano regolarmente.
Nel 2014, erano 1.600.324 le persone detenute nelle prigioni dell’UE, cifra comprendente sia le persone condannate a scontare una pena definitiva sia quelle accusate di un crimine e che si trovavano in detenzione cautelare.

Alla privazione della libertà, si aggiungono troppo spesso condizioni di detenzione che configurano un trattamento inumano e degradante ai sensi dell’articolo 3 della convenzione europea dei diritti dell’uomo. Una delle conseguenze di questo sistema medievale è da riscontrare nell’elevato livello di suicidi in carcere.
Per i detenuti che non rappresentano un grave pericolo per la società, i deputati raccomandano l’adozione di pene alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, i lavori socialmente utili o il braccialetto elettronico.
Per contribuire a prevenire invece la radicalizzazione, il Parlamento raccomanda tra le altre cose la formazione del personale e una intelligence carceraria.
La crescente privatizzazione dei sistemi carcerari, invece, non fa altro che peggiorare le condizioni di detenzione e compromettere ulteriormente il rispetto dei diritti fondamentali.
Il Parlamento sollecita per questo gli Stati membri a stanziare risorse adeguate per la ristrutturazione e l’ammodernamento delle carceri, per differenziare le regole carcerarie in funzione dei detenuti e della loro pericolosità e per fornire ai detenuti un programma bilanciato di attività e di tempo adeguato al di fuori della propria cella.

Napoli, 9 ottobre 2017