Opportunità, non Etica della Politica
Opportunità, non Etica della Politica
di Luigi Antonio Gambuti
“Per favore, basta. Come si può parlare di riforma dei principi cardine della Repubblica con un soggetto che ha dimostrato una “naturale capacità di delinquere?”
E’ quanto ha scritto il Fatto Quotidiano in merito alla “storica“ riunione che s’è tenuta in via del Nazareno tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi ,con il consueto codazzo dei loro funambolici “consiliori” per avviare la tanto auspicata riforma elettorale.
E d’altro ancora.
Il “grido di dolore”di Marco Polito, stimato editorialista del Giornale, fa eco a quanti – e non sono pochi, che gli fanno compagnia – non hanno apprezzato l’iniziativa del sindaco di Firenze che non doveva, per motivi che tanti condividono, riportare alla ribalta il condannato e decaduto Cavaliere, padrone per vent’anni delle sorti del popolo italiano.
E che, per vent’anni, e non da solo, ha costruito la sua fortuna miliardaria e le sue chances personali, quanto anche una antropologia debosciata, mutandara e dell’arraffa-arraffa che ha premiato i furbi e messi all’angolo coloro i quali per natura e vocazione non hanno apprezzato e/o avallato lo stile berlusconiano.
Marco Polito scrive d’un problema etico, di un errore commesso da Matteo Renzi nell’invitare Berlusconi a via del Nazareno per discutere di riforme dell’ordinamento dello Stato.
Non si tratta, a nostro avviso, di un problema etico.
E’ troppo forte e pesante la portata semantica del lemma.
Qui si tratta di opportunità, là dove di morale personale e di etica pubblica (solo in questo ambito i comportamenti personali incidono sui comportamenti collettivi) non si dovrebbe discutere,trattandosi di un’iniziativa mirata a cambiare le regole del sistema democratico.
Non è stata opportuna la scelta di riportare alla ribalta il personaggio di cui in parola. Non fosse altro per aver risuscitato gli entusiasmi dei soliti lanzichenecchi e della matelde tardo-imbellettate, che s’erano quasi acquietati rendendoci meno pesanti gli affanni delle ultime settimane.
Per un po’ ci si stava abituando a ragionare in termini concreti e a leggere di provvedimenti relativi ai drammi quotidiani che milioni di Italiani vivono e dai quali non vedono la luce che li faccia uscire dal tunnel in cui sono stati maldestramente cacciati.
Ci si stava rendendo conto che “forse”la politica stava prendendo piede sul terreno della realtà e della concretezza quando “inopportunamente” l’iniziativa renziana ha dato fiato alle trombe finalmente silenziate dei soliti scherani.
E si è tornati a parlare di liste bloccate, di proporzionale e di temi elettorali, preferenze negate e premi di maggioranza e via dicendo, sino ad affrontare lo sforzo immane per capire prima l’ispanico e il tedesco, il resuscitato mattarellum ed un porcellum rivisitato per approdare ad un papocchio definito italicum che raccoglie un po’ di tutto e tutti scontenta per la sua ambiguità.
Cosa che agli Italiani interessa poco capire; cose “allucinanti” come ha criccato il Grillo parlante, cosa che distrae l’attenzione dai problemi veri del Paese, riportandoci a litigare sulle forme del sistema e a dimenticare i contenuti amari e sempre più pesanti della sua sostanza.
Da parte nostra si è convinti che sistema elettorale l’uno, sistema elettorale l’altro, nulla cambia se nelle decisioni delle scelte elettorali ci sono sempre le stesse persone. Giovani o meno giovani che siano; sempre loro, da qualsiasi parte provengano, sempre loro che decideranno chi porre alle leve del comando, dando l’illusione al popolo sovrano di votare liberamente per coloro ai quali affidare il suo futuro.
Tanto è forte la nostra convinzione , sì da essere avvalorata da ciò che hanno detto i due competitors, in “profonda sintonia” tanto è stata forte l’attenzione che vi è stata prestata, sì che tutti si sono pronunciati, sia da destra, i dissidenti del NCD, che da sinistra, i “comunisti”storici del Partito Democratico. Con l’espressione forte di Beppe Grillo che ,come abbiamo scritto, parla di vera e propria allucinazione.
Ma procediamo per ordine.
Renzi, il volitivo,il “com’eraberlusconigiovanile” ha detto che nella faccenda ci si giocava l’osso del collo (fatti suoi,avrebbe detto qualcuno,con la speranza che non si ponesse a rompere qualcos’altro al resto del Paese); il Cavaliere ,senza giri di parole e con l’arroganza elegante che lo distingue, l’egolatria che lo muove e lo sostiene, ha sentenziato:”io voglio tornare in gioco e ritagliarmi un ruolo di padre della patria….è stata una gran giornata!”
C’è ancora qualcosa da dire su queste espressioni? Padre della patria uno come lui,uno con tutte le brutte cose che si è tirato addosso e con tutte le malefatte di cui è imputato, per cui è stato giudicato, condannato, interdetto e decaduto?
E non si era salutato il nuovo corso con l’arrivo del rottamatore?
O si era coscienti, sotto sotto,che da rottamare c’erano solo i veterocattocomunisti , fermo restando l’inamovibilità del Cavaliere e, quel che è peggio, il perseverare di quella cultura che l’ha sempre alimentato, utilizzata per sfruttare e sfasciare le strutture portanti del Paese?
Ne ha voglia a dirne Alfano quando si definisce portatore di una cultura di governo sobria,seria e sincera. Nella cornice narrativa in cui si sono racchiusi gli sforzi per cambiare e rinnovare le strutture istituzionali del Paese, la supervalutata figura del sindaco di Firenze e i rigurgiti di una politica che stenta a morire per la resuscitata presenza del suo mallevadore, allarmano per la significanza che assumono per il rinnovamento dell’assetto istituzionale nel suo complesso. Allo stato, nel giubileo generale, una cosa è certa. Il Partito Democratico s’è spaccato; il presidente Cuperlo s’è dimesso, ancora una volta il fenomeno arcoriano ha fatto male alle forze democratiche e progressiste.
Molto, molto male.
Torna in mente quanto ha detto Jean Paul Fitoussi in una recente trasmissione televisiva: abbiamo perso il futuro e la vita è senza spessore.
Allo stato dei fatti, cos’altro ci sarebbe da dire?
23/01/2014