La Crescita Infelice del Capitale Sociale
La Crescita Infelice del Capitale Sociale
di Andrea Tafuro
La parola energia deriva dal greco energheia (ἐνέργεια) che significa azione efficace, forza in atto, collocandoci l’aggettivo sociale, ne possiamo leggere il significato intrinseco di forza come capacità di generare relazioni sociali.
Diventa così, importante determinare innanzitutto come l’energia venga utilizzata.
Il più consistente accumulatore di energia è il capitale sociale, cioè l’insieme delle risorse immateriali che consentono all’attore sociale di raggiungere obiettivi che da solo non potrebbe conseguire. Esso è dunque un concetto inderogabilmente relazionale, cioè una caratteristica propria delle relazioni e dei loro significati. Tali relazioni sono connotate da scambio, reciprocità, fiducia e affidamento.
Nella sua opera sulla diseguaglianza Thomas Piketty, spiega come sarebbe sufficiente una crescita continua dallo 0.5 al 1.5 per cento annuo per migliorare le condizioni di vita di generazione in generazione. I primi dati del XVII anno del ventunesimo D.C. ci dicono che già a poche ore dal suo inizio, sono stati estorti all’homo consumens circa 150.000 dollari in videogiochi, 3 miliardi e mezzo di dollari in armamenti, sono state immesse in atmosfera 73,5 milioni di tonnellate di CO2, i deserti sono aumentati di 23.500 ettari, sono morte di fame 22.000 persone, sono deceduti 15.000 bambini con meno di 5 anni, sono state fumate 11 miliardi di sigarette e sono morte circa 10.000 persone per il fumo e sono stati spesi circa 800 milioni di dollari per la droga.
Questo è il regalo capitale donato per una crescita felice!
L’ otto febbraio scorso è stata celebrata la giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone (Gmpt).
I numeri sono aberranti: ogni due minuti, una bambina o bambino è vittima dello sfruttamento sessuale. Nel mondo, più di 200 milioni di minori lavorano, di cui 73 milioni hanno meno di 10 anni. Di questi piccoli, ogni anno ne muoiono più di 21 mila a causa di incidenti causati dal lavoro. Negli ultimi trent’anni, si calcola che sono stati circa 30 milioni i bambini coinvolti nella tratta. In quest’era digitale penso che tutti sappiate che sul vostro pianeta non possano crescere senza limiti i consumi pro capite, così come non è possibile allevare una balena in un acquario. Il capitalismo, vi ha nascosto sotto la disinfettata virtualità del capitale la realtà di un pianeta limitato, ha portato l’economia mondiale in una palla immateriale di numeri che si moltiplicano e crescono all’infinito. Questa illusione vi ha scortato attraverso due secoli di progresso straordinario, lungo i quali vi siete convinti che l’unico possibile progresso fosse far crescere quanto più rapidamente possibile i consumi di risorse da parte della specie umana e la sua occupazione di spazio ambientale, estromettendo la quasi totalità delle specie esistenti in ogni angolo del pianeta colonizzato.
L’unica cosa che vi angustia è come rimpiazzare le risorse che man mano presentano delle criticità quantitative o ambientali…e così dal legno si è passati al carbone, accostato prontamente dal petrolio e poi dal più pulito metano. L’ultima boutade e che ora gli scisti bituminosi possano sostituire il più grande fallimento economico della storia: il nucleare e poi ci sarà il solare…e poi l‘eolico e poi…e poi…chissà. Insomma l’essenza numerica del capitale opera solo per misurazioni quantitative. L’ultimo baluardo a difesa della natura e dell’uomo sono gli scienziati che lanciano continuamente allarmi sulla distruzione dei meccanismi ecologici che garantiscono la vita sulla Terra.
E’ bene che sappiate che sulla Terra, ogni sistema organizzato cresce inizialmente attraverso la capacità di catturare e imprigionare una quota sempre maggiore di energia disponibile, dopodiché prospera solo in biodiversità e complessità, proprio per ampliare il tempo di circolazione e gli effetti positivi dell’energia che riceve. Il mammifero bipede spuntato o apparso, oserei dire, 3 milioni di anni fa è il frutto di questo strano e bizzarro meccanismo che si chiama evoluzione, processo che ha garantito l’ espansione della biosfera attraverso tre miliardi di anni. Eppure oggi avete intrapreso un cammino contrario e suicida, con la sistematica distruzione delle diversità biologiche e culturali e lo avete fatto servendovi del più subdolo dei sistemi, la semplificazione degli ambienti antropizzati e la normalizzazione standardizzata dei processi economici e produttivi.
Dopo oltre due lustri il sistema finanziario è ancora in piena crisi e la crescita balbettante (… e io si che me ne intendo di balbuzie), sforna a ritmo continuo sempre più crescenti disuguaglianze economiche e sociali, unendo alle crisi ambientali la spaccatura del tessuto sociale, assistiamo a preoccupanti rigurgiti nazionalisti, che tentano di azzerare millenni di conquiste civili. Smettete di rincorrere gli sciacalli dal cocco cotonato che soffiano sul fuoco dell’egoismo, perché nessuno e nessun popolo, di fronte ai cambiamenti globali, può salvarsi da solo.
E’ necessario favorire la rigenerazione di forti legami che conducano alla responsabilità e alla fiducia, questo aumenta le risorse presenti, ad esempio, nella famiglia, per poi trasferirle nella comunità. E’ il passaggio dalla generatività parentale alla generatività sociale che promuove senso di cittadinanza attiva. La generatività sociale si coniuga con il principio di sussidiarietà, cioè con il diritto dei soggetti vicini ai bisogni delle persone e ai contesti in cui questi bisogni si manifestano, di intervenire nella risposta a tali esigenze.
Per dirla, ispirandosi alle parole di papa Francesco, dobbiamo iniziare col dire con forza no a sei peccati sociali: no a un’economia della diseguaglianza e dell’esclusione, no all’idea economia secondo cui i benefici economici concessi ai più abbienti portano beneficio a tutte le classi sociali, no alla nuova idolatria del denaro, no alla tirannia del profitto, no alla disuguaglianza che genera violenza e no a un sistema finanziario che governa piuttosto che servire. San Giovanni Crisostomo ha scritto: “Non condividere la propria ricchezza con i poveri significa derubarli e togliere loro la vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro…”.
Napoli, 9 febbraio 2017