E SE AVESSE RAGIONE MONTANELLI?
E SE AVESSE RAGIONE MONTANELLI?
di Luigi Antonio Gambuti
Si va facendo sempre più acceso il dibattito tra le forze in campo nella contesa tra il sì e il no per la chiamata elettorale del quattro dicembre prossimo venturo.
Da una parte il movimentismo del presidente del consiglio e segretario del PD, che, maldestramente, si è esposto nel più totale coinvolgimento nella contesa referendaria; dall’altra, coloro i quali, dando credito a quanto sostenuto da Renz i-se vince il no, me ne vado! -non si fanno scappare occasione per attaccarne le tesi, spesso contestate al di fuori del merito, con la non infondata speranza di toglierselo dai piedi e ripristinare i modi e le atmosfere dei vecchi sistemi di potere. Non si tratta, dunque, di una normale chiamata ad esprimere la volontà di cambiare o meno un apparato del sistema democratico, quanto di una scelta di rilevante interesse politico che mette in gioco due mentalità, due punti di vista, che sono carichi di notevoli interessi, dall’una e dall’altra parte del terreno di contesa.
Nell’avvicinarsi del “fatidico” momento, si registrano movimenti d’opinione diversi che tendono ad accreditare il consenso sulla propria posizione.
E non mancano momenti di tensione, di rottura e di prese di distanza, come è accaduto di recente, o di riavvicinamento di schieramenti una volta contrastanti.
Vedi la scelta di Cuperlo che, pago dell’assicurazione ricevuta sulla revisione della legge elettorale, il famigerato Italicum, ha aderito alla linea renziana, spaccando ulteriormente il partito democratico, indebolendone l’apparato di sinistra, dando più forza a coloro i quali perseguono il fine di portare alle estreme conseguenze la rottamazione degli ultimi dissidenti dalla linea del presidente quattrovolteventi.
Una domanda ci sia lecito porre.
All’indomani della giornata referendaria, qualunque sia il responso delle urne, vinca il sì o vinca il no, come si situeranno le forze in campo a livello politico generale?
Vincendo il sì, cosa chiederanno al presidente del Consiglio quelle forze (si fa per dire!) politiche che l’hanno appoggiato per fargli vincere la scommessa?
Non sarà facile mantenere le promesse, né sarà facile mantenere l’attuale assetto di potere, se si sarà costretti a dare spazio-certo , che lo chiederanno- a coloro i quali da sponde spesso contrapposte, hanno condiviso il suo progetto di rinnovamento costituzionale, portandolo alla vittoria sulle tesi del no, sostenute da buona parte del suo partito.
Se cambiamento ci sarà, il mutamento del quadro politico impegnato nel governo del Paese, a tutti i livelli, non sarà da poco, perché si metterà in discussione tutto quanto sinora organizzato e, soprattutto, si orienteranno le scelte a seconda degli interessi espressi da coloro i quali hanno contribuito alla vittoria referendaria.
Per farla breve, ci sarà chi passerà all’incasso e, per dirla tutta, non sarà facile saziare gli appetiti dei “nuovi” commensali; col finire di “scontornare” ancor più le delicate fattezze democratiche del Paese.
Non sarà immune -ne siamo convinti- il capo del Governo dalla sottile arte del compromesso, già abbondantemente praticata e con rara intelligenza (ricordate lo stai sereno, Letta?) con la naturale conseguenza di indirizzare le sorti degli italiani verso una deriva autoritaria e poco incline al confronto democratico (una parola sempre più obsoleta!) imposta da alleanze spurie fondate su interessi particolari, poco attenti agli interessi generali.
Altri commentatori, e più autorevoli, volano alto parlando di vulnus istituzionali, di procedure e intrecci pericolosi determinati dai famosi combinati disposti ecc.
Noi ci soffermiamo a considerare il rischio -e solo un rischio che si paventa, quindi- che il cambiamento così fortemente sostenuto possa smantellare un sistema che per decenni ha supportato il peso dello sviluppo e delle crisi, portando a una riduzione dello spazio democratico e, quindi, ad un presidenzialismo praticato sottobanco, arricchito e garantito con il consenso di attori chiamati direttamente sulla scena, col copione già scritto e consegnato, funzionale solo alla mano del regista e poco meno a quella degli spetttatori, spesso malamente considerati.
Questo è quanto ci viene da pensare.
E questo è quanto ci permettiamo di esporre ai nostri venti lettori senza volere minimamente intaccare le loro convinzioni in materia elettorale.
Solo una preoccupazione, quindi, che invita a riflettere e a prevedere un futuro che, se futuro sarà, sarà quello che anche noi abbiamo contribuito a costruire.
E, per giunta, ci sarà da farci una domanda.
Avremo, nell’immediato, la possibilità di “godere” gli effetti del cambiamento tanto reclamizzato (se non lo si fa ora, non si farà mai nei prossimi trent’anni!) nella piena consapevolezza di essere cittadini di una repubblica democratica al governo della quale ci sarà un presidente del Consiglio frutto di scelte consapevoli, cioè fondate sul principio della conoscenza critica e delle scelte libere dai condizionamenti, determinati dall’avere o meno bisogno di spazi di potere da gestire a proprio vantaggio e non a vantaggio del cosiddetto bene comune?
Staremo a vedere e faremo il nostro dovere di elettori che si pongono in maniera critica di fronte ad un bivio. Ma, per certi versi e per evitare guai peggiori, adotteremo il sempre attuale gesto montanelliano per coerenza e disciplina con le nostre convinzioni?.
DEDICATO A TUTTI GLI STRAMPALATI NOSTRANI CHE SI FANNO I GARGARISMI CON LA PAROLA DEMOCRAZIA.
DOPO LA “TRAMPATA” AMERICANA C’E’ TANTO DA PENSARE PERCHE’ NIENTE SARA’ PIU’ COME IERI, NEL DOMANI PROSSIMO VENTURO.
L’OGGI E’ GIA’ PASSATO E CHI L’HA GOVERNATO E’ INVITATO A RENDERSI CONTO DELLE AZIONI MESSE IN CAMPO E A RIFLETTERE PIU’ INTENSAMENTE PRIMA DI AGIRE E DI PARLARE.
Napoli, 12 novembre 2016