dome 22 DICEMBRE 2024 ore 09.01
Home Cultura Al Teatro Bellini di Napoli “Carmen” con Mario Martone.

Una grande “Carmen” napoletana in scena al Bellini di Napoli

di Domenico De Gregorio

Mario Martone incanta Napoli con la sua “Carmen” in scena al teatro Bellini di Napoli. Il sipario non esiste, la scenografia catapulta lo spettatore subito nel cuore di Napoli, quella dei quartieri spagnoli, della prostituzione, dei ‘O malamente, la città delle contraddizioni, dove tutto è addolcito dal rumore del mare che da pace anche a chi ha il cuore in tempesta. Nel primo quadro è proprio la città ad essere rappresentata, luogo dove l’opera prende corpo e dove la violenza si mescola alla legge in un conflitto senza fine. Allontanandosi dall’opera di Bizet, Martone porta in scena una Carmen napoletana rifacendosi al lavoro di Enzo Moscato, uno dei più grandi drammaturghi della nostra città. Carmen è la figura portante dello spettacolo attorno alla quale ruotano altri protagonisti, Cosè, Lilà Bastià e O’ Torero, tutti circondati da figure popolari con il preciso compito di raccontarci i protagonisti, mostrandoci le loro luci ed ombre. Decadente come la città, è la manifattura tabacchi in disuso cha appare sullo sfondo, dove Carmen e le sue amiche di diversa nazionalità, testimonianza di una Napoli culla del Mediterraneo con la vocazione dell’accoglienza, trascorrono il loro tempo, e li di stanza, un soldatino dalla parlata veneta vittima di una dura vita da caserma, innamorato di quella vera e propria forza della natura dalla sensualità debordante che è Carmen, che invano cerca di imbrigliare in un amore fedele e un Torero che non mata il toro, ma piuttosto mata le donne, un belloccio sciupafemmine che fa perdere la testa perfino a Carmen che si definisce una “puttana filosofa”, che ama sopra ogni cosa la libertà, mentre ignora la parola fedeltà. Carmen protagonista e narratrice stessa della sua storia, del suo passato di gloriosa puttana, in un amarcord che prende vita e forma, affascinante flasback provocatorio e rutilante, che la straordinaria, multietnica Orchestra di Piazza Vittorio, diretta da Mario Tronco, accompagna dal vivo con i suoi musicisti che sanno essere anche attori salendo e scendendo dal palcoscenico anch’esso in movimento grazie alle scene di Sergio Tramonti con quinte e controporte pronte a trasformarsi a vista nei diversi ambienti della storia, fino all’apparire di una grande torre di Piedigrotta piena di suonatori e cantanti e gente in festa che balla prima che a Carmen Cosé cavi gli occhi con un coltello condannandola alla cecità, ma salvandola dalla morte, e prima che spari al Torero di cui la donna dichiara di essere innamorata con la pistola che gli ha dato Lilà Bastià. Iaia Forte, la Carmen di Martone, è perfetta nel ruolo, forte, sfrontata e passionale, sa dare al suo personaggio quella credibilità che solo un’ attrice dalla lunga carriera alla spalle può fare. Iaia canta, balla, recita, non si risparmia, è una forza della natura, passione pura e dramma napoletano, quello amaro e forte dal retrogusto di speranza e redenzione. Accanto a lei Roberto De Francesco (Cosé) rende con perfetta misura il ruolo della vittima sacrificale di un irragionevole amore, ma da ricordare nella folla colorata dove tutti cantano e ballano (coreografie di Anna Redi) sono il corrotto tenente Zuniga di Giovanni Ludeno, Lilà Bastià taverniere guappo della Mala Taverna di Ernesto Maieux, ‘O Torero piacione di Houcine Ataa e l’ìmperdibile Orchestra multietnica di Piazza Vittorio che suona musiche ispirate alla Carmen di Bizet ma anche canzoni popolari, dando vita a un gioioso mescolamento di generi. Grande opera, bravo Mario Martone che ricorda nel suo lavoro Raffaele Viviani, e che ha saputo rappresentare con leggerezza una tragedia senza tempo, impostata su ritmi veloci, linguaggi diversi fra loro e dialoghi serrati. Cala il sipario tra gli applausi di una prima indimenticabile.

Napoli, 13 aprile 2016