Canto d’amore per San Giorgio la Molara
Canto d’amore per San Giorgio la Molara
di Luigi Antonio Gambuti
La neve
Gelidi petali-cristalli dal cielo che ti vengono addosso discreti lentamente, a seconda del vento, o ti vengono sparati in faccia, come “mbrusaglia” dispersa con forza al passaggio di sposa.
Qui è di casa la neve e già dal tramonto dell’estate il fortorino s’appresta ad incrociarne il passo e si prepara. E’ come una chimera ch’ ammalia ed intontisce , e ti avvicina ad apprezzare il calore d’un focolare acceso e la mano calda d’un amico sincero; salda uomini e cose e fa di necessità legame d’avventura e ti fa cercare l’altro per sentirti vivo e solidale sotto lo stesso cielo.
La senti avvicinare, la neve, quando l’aria si fa greve e il vento pesa.
Scorgi imbiancare Basaleone poco a poco e come onda leggera la vedi cadere sulle case e raccolta nelle mani di chi impazza di gioia nel freddo turbinio. Pure Fio fit nero s’imbianca il pelo e salta muso all’aria tracciando orme che presto vanno a scomparire.
Ma dura poco l’allegria.
Ore e ore di fiocco ti mozzano il respiro e diviene difficile la via e prigione il paese, che ti pare come a Monteciraso. E mentre preghi che non ti accada nulla accumuli provviste e scruti la spessa algidità che ti si dispone d’intorno e ti conquista.
Spente le voci, solo il vento di montagna lamenta all’uscio la voglia di entrare e t’aggrappi alla speranza di riuscire a ritornare al sole, che quand’esce , vien chiaro come passato a nuovo.
Dopo la sfuriata cumuli di neve dappertutto rasati dalla bora e ammonticchiati come invito a violentare quella soffice creatura.
Zuppiere colme d’amarene e vino cotto da Orsolina e a sera il “licco” forte e grasso di maiale per riconciliare al freddo e ricostruire il calore che si perde nella via.
Dai tetti delle vecchie case pendono ciondoli d’argento che tralucono al sole del mattino e raccogli storie vissute di notte sulla provinciale ,dove giovani vite hanno affrontato il male e il coraggio s’è sprecato fino a morire.
Le porta il vento che scende dal lago, dal rifugio d’una casa diroccata, fra la maledizione dei vecchi e l’ingiuria irriverente delle giovani generazioni.
La neve.
San Giorgio la Molara, 22 gennaio 2016