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Il viaggio in estremo oriente
di don Giulio Cirignano *

Una visita pastorale di grande significato quella che Papa Francesco sta vivendo in Oriente, in Sri Lanka e nelle Filippine. Il suo sorriso mi è sembrato più luminoso del solito. Nell’abbraccio dei cristiani di quelle terre lontane il Papa sembrava avesse trovato la sua più vera dimensione. Ma questa è solo una impressione. Più utile può essere cercare di comprendere il senso profondo del viaggio.

Cosa resterà di tutti gli incontri, le parole, le preghiere? E’ difficile rispondere in maniera adeguata a questa domanda. Chi può valutare le risonanze positive suscitate dalla Spirito nell’animo di chi vive e ascolta quanto viene fatto e detto in questi incontri eccezionali?

Ho avuto la fortuna di seguire la conferenza stampa che Papa Francesco ha tenuto sull’aereo nel trasferimento verso le Filippine. Alle numerose domande dei giornalisti ha risposto con quella istintiva capacità di comunicazione che lo ha imposto all’attenzione generale. Mi è piaciuto, in particolare, l’equilibrio con cui ha risposto alla domanda circa i gravi fatti di Parigi. C’era di che infierire contro la assurda pretesa di uccidere in nome di Dio. Non ha mancato di sottolineare tale assurdità, tuttavia, con bonaria vivacità ha voluto ricordare la necessità di adottare uno stile di serena convivenza evitando atteggiamenti provocatori. La pace ha anche bisogno di buonsenso.

Nel rispondere, inoltre, all’ultima domanda circa la necessità di dar vita ad incontri interreligiosi Papa Francesco non solo si è dichiarato, come è ovvio, assolutamente favorevole ma ha voluto chiudere con le parole del Presidente dello Sri Lanka: pace, riconciliazione, armonia, felicità. L’espressione “cuore del popolo” che ha aggiunto alle parole prima citate, cuore da ascoltare e conoscere, ha dato anche la misura grande, del suo.

Proprio la simpatica ed amabile conversazione mi ha fatto comprendere che cosa resterà di questa esperienza. Possiamo dirlo con gioia e speranza: resterà un tacito ma concreto contributo al tema della pace. Tacito perché non ci saranno, probabilmente, particolari proclami ufficiali. Come un fiocco di neve si posa dolcemente sul ramo di un albero e lo imbianca cosìquesti incontri sono un significativo contributo ad una maniera diversa di pensare e costruire i rapporti tra gli uomini.

Quella della pace è un tela difficile da tessere. Possiamo immaginarla come la armoniosa composizione di tre piani, diversi, ma interagenti. Il primo e, al momento particolarmente sensibile, è quello religioso. Il secondo è quello culturale. Il terzo quello politico.

In primo luogo quello religioso. La diversità delle esperienze può trovare serena composizione nel dialogo, nella migliore conoscenza reciproca, nella esposizione pacata e serena dei propri patrimoni spirituali, con vera umiltà e dolcezza. Mi ha sempre dato fastidio immettere in questo discorso il riferimento all’identità. Senza questo forte senso di identità, si dice, anche il dialogo corre il pericolo di essere falsato. Ciò è vero, ma l’insistenza su questo tema mi è sempre rimasta sospetta. Vi ho visto molta prosopopea in questo discorso. L’identità, quasi una specie di corazza dentro cui nascondere inutili vanità spirituali.

Ogni discorso religioso sarà sempre consapevole della sua parzialità. Dio non è oggetto che si possa pensare di possedere a proprio uso e consumo. E’ più vasto, molto più vasto del nostro cuore e della nostra mente Tutti siamo balbuzienti di Dio. Certo, Gesù è la Parola fatta carne. Più grandi del legittimo orgoglio, tuttavia nel parlare di lui dovranno essere l’umiltà e il pudore. Ma dirò di più: conoscere i tesori spirituali degli altri aiuterà a comprendere meglio i propri,se non altro per lo timolo a mettere in risalto ciò che è essenziale.

Vedere la veste bianca di Papa Francesco insieme ai colori sgargianti delle guide spirituali dello Sri Lanka mi ha fatto pensare al tenero fiocco di neve sulla nostra stanca terra.

Poi viene il piano culturale. Lingue diverse, tradizioni diverse, mentalità diverse, colori diversi della pelle. Questo livello della tela della pace non è meno complesso del precedente. Siamo in piena antropologia planetaria e tuttavia continuano arcigne chiusure di ogni tipo, paure irrazionali, fobie che impoveriscono coloro che le indossano. E’ il vecchio mondo che resiste, con l’inutile corredo delle sovranità nazionali, la rabbia di chi si sente derubato dell’osso che vorrebbe godersi in solitudine, la intolleranza verso i tanti poveri della terra. Il denaro ed il profitto come divinità che hanno e continuano a mietere le loro vittime. Ecco perché gli incontri di questi giorni fanno bene alla pace. Una religione davvero amica dell’uomo può sconfessare la” religione” che gli è contraria.

Uomini di qualunque religione datevi la mano. Assaporate il calore di una mano amica, alzate lo sguardo verso il futuro che a queste condizioni vi sembrerà meno minaccioso. Se le vostre mani sapranno di pane e vino distribuito con equità, anche il vostro animo sarà più lieto.

Infine, il piano politico: è il piano delle impostazioni ideologiche diverse, degli interessi nazionali, delle astuzie diplomatiche. Il nord ed il sud del mondo ancora nella difficoltà ad intendersi ed accogliersi. E’ proprio a livello politico che si manifestano le ferite più gravi con i continui focolai di guerra. Si è giustamente parlato di una strisciante terza guerra mondiale. Solo il Signore può creare qualcosa di inedito, spargere semi di sapienza. La preghiera di tutti gli uomini di buona volontà può smuovere le montagne. Anche questo terzo livello della difficile tela della pace, dagli incontri religiosi può apprendere il nuovo alfabeto del pensare e parlare più civili ed umani.

*biblista

Napoli, 18 gennaio 2015