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Strasburgo e Turchia: la forza della Pace.
di Don Giulio Cirignano *

Gli ultimi due episodi vissuti da Papa Francesco, il discorso al Parlamento Europeo a Strasburgo e la delicata visita in Turchia ci spingono a riprendere le riflessioni che conduciamo da qualche tempo con lo scopo di aiutarci a comprendere pienamente la stagione ecclesiale che stiamo vivendo.
I mezzi di comunicazione, TV e stampa, hanno dato ampia risonanza ai due avvenimenti. A Strasburgo il Papa ha avuto parole forti sul ruolo dell’Europa, sulle sue risorse e sulle sue stanchezze. Gli applausi ricevuti indicano l’accoglienza delle sue parole più di qualsiasi cosa. Nella visita in Turchia, poi, delicatissima per più motivi, fra le molte riflessioni e gesti importanti brilla di luce vivissima l’incontro con il Patriarca ortodosso. Nella richiesta di benedizione c’era tutto Papa Francesco, la sua intelligente umiltà, il suo cuore grande. Lì è successo qualcosa di straordinario.
Penso sia importante riprendere in mano i discorsi pronunciati, ripercorrere i gesti compiuti per farne oggetto di pacata riflessione. Ognuno può gestire questo percorso personalmente attingendo alle fonti per lui più facilmente reperibili.
In questa sede ritengo più utile richiamare l’attenzione del lettore su due aspetti che accompagnano la figura del Papa, due aspetti profondamente diversi ma ugualmente rilevanti. Il primo preoccupante, il secondo, invece, decisamente consolante. Di cosa si tratta?
Il primo aspetto è definibile come la difficoltà in certi settori, in basso e in alto, a percepire la connotazione di novità che accompagna, fino dai primi momenti, il pensare ed il parlare di Papa Francesco. Chiamerei questo atteggiamento con un nome preciso: se non cecità almeno miopia. Non si vedono le grandi sorprese di Dio.
E’ difficile dare una spiegazione di questo fenomeno. Si può tentare una ipotesi: quanti hanno vissuto i decenni postconciliari, con la speranza di vedere decollare le stupende prospettive che in gioventù ci avevano fatto sognare, ha immediatamente percepito che con Papa Bergoglio ricominciava qualcosa di nuovo e inaspettato. Una impressione, questa, che è andata via via consolidandosi. Non è facile descriverla con precisione anche se è nettissima e concreta. Di mese in mese questa coscienza di novità si è fatta più ricca di gioia e speranza.
Quanti, invece, non hanno vissuto questa esperienza interiore, per ragioni non facilmente identificabili, probabilmente, trovano difficile sintonizzarsi con la inesauribile fantasia dello Spirito, con la sua forza di sorprendere e inventare qualcosa di nuovo. Il pensare ecclesiastico è spesso arido, si accomoda sull’abitudinario. Il criterio della continuità è, in fondo, solo il fragile espediente dietro cui nasconde l’ incapacità ad aver fiducia nelle energie della Grazia di Dio. La continuità, un ingenuo paravento per non prendere atto della novità. Il criterio della continuità confonde la tradizione, che è vita, con la conservazione che è solo antifona di morte.
Papa Francesco ha messo a nudo i nostri ritardi, la nostra comune piccolezza rispetto alla bellezza del Vangelo. Forse, qualcuno, davanti a tutto ciò ha avvertito quasi il bisogno di difendersi. Probabilmente senza neppure rendersene conto. Ma la chiusura ottusa di chi non si rende disponibile a cambiare rischia di essere un vero e proprio peccato contro lo Spirito.
Mi è capitato nei giorni scorsi di assistere per caso ad una trasmissione religiosa su una TV privata. L’intervistatore faceva parlare i rappresentanti di vari movimenti religiosi, alcuni dei quali molto inutilmente protagonisti in questo periodo. Nei discorsi diversi mostravano di essere in sintonia con il Papa. Non ci vuole molto a ripetere alcune espressioni tipiche di Papa Bergoglio. Più difficile è assimilarne la mentalità. Non ho colto in nessuno di loro un barlume di coscienza critica sul proprio comportamento. Sembravano anime belle spuntate dal nulla. Eppure mi era perso di averli visti in questi anni spendersi dietro progetti politici e logiche non proprio in sintonia con il pensare del Papa.
No, non è così che si accoglie l’invito ad entrare in questa nuova stagione. Questo è dunque il punto: si vuole accogliere con passo gioioso e spedito la Chiesa del Concilio con gli aspetti di novità promossi dal Papa oppure no? Ebbene, questo rifiuto della novità mi pare il pericolo maggiore in questo momento.
Ma ora parliamo del secondo aspetto che si accompagna alla figura del Papa, quello che considero molto bello oltre che positivo. Si riferisce alla ragione che più di ogni altra legittima il consenso verso di lui. Questa ragione ci rende particolarmente tranquilli anche in presenza del fenomeno prima richiamato. Cosa dunque motiva il vasto consenso e la stima diffusa? Certo, i suoi gesti semplici come pure le sue scelte di fondo. Ma a mio parere c’è qualcosa che sta prima dei suoi gesti e dei suoi discorsi. Questo qualcosa è semplicemente costituito dal modo con cui si esprime.
Penso che tutti l’abbiano notato: parla con pacatezza, senza mai cedere all’enfasi, con una partecipazione del cuore che è immediatamente palpabile. Se dice qualcosa di piacevole comunica un senso di pace, se deve dire qualcosa di spiacevole il suo dolore è contagioso. E’ profondamente uomo di pace. Il suo parlare pacato, sereno, mai celebrativo, umile, sempre disposto a comprendere le ragioni dell’altro nasce da una forza interiore assolutamente non comune.
Parole e gesti sembrano emergere da un vissuto vero e autentico. Questo, penso sia ciò che colpisce e convince. Ha scritto che la bellezza educherà il mondo. La bellezza di una personalità integrata , unificata. Lui prova a seminare fermenti di bontà con tutte le risorse della sua natura e della Grazia.
Questo aspetto della sua persona è così piacevole che cattura l’attenzione, provoca il coinvolgimento, stimola il pensiero. La conferenza stampa rilasciata nel suo viaggio di ritorno dalla Turchia da questo punto di vista è esemplare. In me ha sprigionato una letizia incontenibile.
Nell’accogliere questo dono che il Signore ha fatto alla sua Chiesa, a noi non resta che riconsegnarlo alla misteriosa provvidenza di Dio, in costante atteggiamento di preghiera grata, solidale e amica.

*biblista

3 dicembre 2014