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Rod Stewart, una rockstar rubata al pallone
di Emanuela Cristo

“Ama la vita che vivi, vivi la vita che ami”. Se volessimo trovare uno slogan (che per definizione è breve e tendente a semplificazione) per la vita di Rod Stewart, sarebbe sicuramente questo verso di Live Your Life, suo brano del 2013 (a onor del vero, ce l’aveva detto anche Bob Marley). Da ragazzino voleva giocare a pallone e ancora adesso il calcio è una delle sue più grandi passioni. Ma il destino ha voluto che diventasse uno degli artisti di maggior successo al mondo, vendendo oltre duecento milioni di dischi.

“Ho sempre fatto le cose per divertirmi e far divertire la gente che viene ai miei concerti.”

I Faces e la carriera solista

Si narra che il quindicenne Rod, invece di lavorare nel negozio del padre per dargli una mano, molto spesso, affiggesse un cartello con su scritto “chiuso” per rintanarsi nel retro a studiare, chitarra acustica alla mano, ogni singolo accordo del canzoniere del suo idolo Bob Dylan. Nel frattempo, abbandonata la scuola, si cimentò in molti altri lavori: dal fattorino al manovale del cimitero fino al becchino. Ma soprattutto, il giovane Rod giocava a calcio, sostenendo anche alcuni provini, che non ottennero, tuttavia, mai esiti positivi.

La passione per la musica lo portò in giro per i club di Londra a suonare con formazioni skiffle e blues. A metà degli anni ’60 entrò nel gruppo di Jeff Beck, che faceva soprattutto cover, dove conobbe quello che diventò poi l’amico di una vita e col quale entrò, in seguito, a far parte dei Faces: Ronnie Wood. Da quel momento in poi la carriera di Stewart fu tutta un crescendo, dividendosi tra la band e i lavori solisti. Nel ’75 i Faces si sciolsero. Wood entrò a far parte di una band il cui nome forse potrebbe dirci qualcosa: i Rolling Stones. Dal canto suo, Stewart proseguì il suo percorso solista e per circa due decenni i suoi album si trovarono sistematicamente ai vertici delle classifiche in tutto il mondo e il suo stile spaziò dal rock al blues ad elementi synth pop e disco.

Gli anni ’90 non furono un decennio molto prolifico dal punto di vista della scrittura per Stewart che attraversò una fase in cui sembrò aver definitivamente esaurito l’ispirazione. Si dedicò ad album in cui reinterpretò brani del canzoniere americano. Il blocco dello scrittore svanì, quasi da un momento all’altro, nei primi anni del duemila, con grande stupore del diretto interessato. Il suo ultimo album in studio è Blood Red Roses del 2018, mentre dell’anno successivo è la raccolta You’re In My Heart: Rod Stewart With The Royal Philharmonic Orchestra.

Full of Life

Prendendo in prestito il titolo di un romanzo del mai troppo elogiato John Fante, si potrebbero descrivere i primi settantasei anni di Rod Stewart su questa terra come “full of life”, pieni di vita. Il cantante ha avuto tre matrimoni e otto figli, gli ultimi due dalla moglie Penny sposata a Portofino nel 2007. È sopravvissuto ad un cancro alla tiroide e sembra aver trovato l’elisir di giovinezza per le sue ginocchia da calciatore che non ha mai appeso gli scarpini al chiodo in una vasca d’acqua ghiacciata (nei primi anni duemila ha giocato anche negli LA Exiles, una squadra composta da immigrati e celebrità di Palos Verde, in California).

Da buon inglese di origini fieramente scozzesi, ha salutato l’arrivo dell’anno nuovo con un cappello scozzese verde e il suono di una cornamusa in sottofondo. È un fan sfegatato (per usare un eufemismo) del Celtic, che segue allo stadio ogni volta che può: lui prende l’aereo e va a Glasgow! È, inoltre, un collezionista di auto (possiede un raro modello di Ferrari Enzo) e un grande appassionato di modellismo ferroviario.

Una carriera costellata di successi e riconoscimenti. Il cantante detiene, inoltre, il record per il “free concert” con il maggior numero di spettatori: i quasi 4 milioni presenti sulla spiaggia di Copacabana il 31 dicembre del 1994. Ha spesso collaborato con altri artisti di fama internazionale come Paul McCartney (Mine for Me), Bryan Adams e Sting (All for Love), Mary J. Blige (You Make Me Feel Brand New) e Stevie Wonder (My Cherie Amour), per citarne solo alcuni. Il suo timbro vocale graffiato è capace di spaziare attraverso i generi mantenendo intatto il suo carattere. La voce inconfondibile e l’acconciatura bionda, alla quale dedica una cura maniacale, sono i tratti distintivi di una star sulla cresta dell’onda da decenni.

Napoli, 19 marzo 2024