Questa società deve decidere quale modello di civiltà promuovere. Matteo Tafuro. Nola
Questa società deve decidere quale modello di civiltà promuovere
di Matteo Tafuro
Lunedì mattina, ore 6:30, Vesuviana (o spostapoveri?) per Napoli, cerco di raggiungere l’Università, due fila di sedili davanti a me noto una ragazza in lacrime.
Dallo sfogo con le sue amiche capisco che non ha il coraggio di farsi interrogare.
Oddio! Appartengo a quella parte minoritaria di mondo studentesco che in treno guarda il paesaggio, scopre nuove amicizie, riscopre il gusto del dialogo e non compulsa sulla tastiera del telefonino solitariamente.
La mia professoressa di latino ci diceva sempre che educare deriva da ex-ducere, che significa tirare fuori.
Alla prof di quella studentessa vorrei solo dire che chi trasmette conoscenza è come un’ostetrica, non porta un figlio in grembo quindi non può donare vita, ma può aiutare a farla nascere, cioè può aiutare a prendere consapevolezza dei propri talenti da sfruttare nel grande gioco della relazione con gli altri.
Albert Einstein ha detto che: “Ogni persona è un genio. Ma, se giudichi un pesce dalla sua capacità di scalare un albero, passerà tutta la sua vita pensando di essere stupido”.
Insomma, noto sempre di più che gli studenti hanno paura ad essere esaminati, il più delle volte per non rischiare di essere presi in giro.
L’idea di fondo è che i ragazzi debbano imparare a sbagliare e non viceversa imparare dagli sbagli, cioè bisogna far circolare il messaggio che è importante fare passi falsi.
Quante volte, vi sarà capitato che il probabile non si è realizzato e l’improbabile invece si?
Il probabile, nel nostro moderno mondo liquido, è la convinzione di poter controllare la natura, ma non i mercati.
Tutti siamo accecati dalla certezza che si possa manipolare un organismo che, opera magistralmente da tre miliardi e mezzo di anni, ma si ritiene impossibile cambiare un tipo di economia creata dall’uomo stesso.
L’economia che fa girare il mondo, cari tuttologi, è infatti un’invenzione recente, i mercati sono sempre esistiti, ma non l’economia dell’uso insostenibile della natura.
I capibastone della religione del mercato erano convinti che, seguendo le sue leggi naturali, ci sarebbe stato benessere per tutti.
Infatti, sono restati allibiti quando hanno scoperto che la crescita della ricchezza della società e delle classi al potere portava con se la miseria di estese fasce di popolazione.
Sigh! Non avevano messo in conto i poveri.
Questi stupratori intellettuali ritengono, tuttora, che l’economia non è soggetta alla morale, tentano di dimostrare l’inutilità del bene pubblico, tanto è compito di una mano invisibile, che opera nel cuore dei processi economici regolamentare il tutto.
Ci hanno convinti che il processo di emancipazione che ci ha guidati nella modernità è da attribuire a uno spazio sistemico, l’economia, e che esso agisca indipendentemente dagli altri ambiti dell’attività umana.
La produzione, la ripartizione e l’utilizzo delle ricchezze costituirebbero un mondo a se, un mondo a parte che possiede una coerenza interna orientata al bene dell’uomo.
Tutte fandonie!
Per uscire dall’ ostacolo civile in cui questa crisi mi ha cacciato faccio mie la parole di Eraclito: “Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato”.
Ecco, io spero l’insperato ogni giorno e lo faccio con tenacia e senza ricercare grandi certezze.
Sono convinto che sia possibile inventare quotidianamente la vita come un’opera d’arte “difficile trovar parole molto serie, tenterò di disegnare… come un pittore, farò in modo di arrivare dritto al cuore con la forza del colore”, recita una canzone.
Sono alla ricerca di tracce e direzioni per dare un senso alla continua costruzione di condivisioni e significati in un mondo complesso e mutevole.
Non inseguo certezze, neppure nella fede, ma indicazioni preziose che mi consegnano ogni giorno i miei compagni strada, anche dalla studentessa che piange.
La speranza è riconoscere che sono un generatore di energia positiva per il futuro e convinto di poter attuare progetti di convivenza e di incontro.
La nostra società ha bisogno oggi di solidarietà rinnovata, di uomini e donne che la abitino con responsabilità e siano messi in condizione di svolgere il loro compito, impegnati a superare tutte le forme di esclusione.
Per porre i mattoni del futuro siamo sollecitati ad andare verso le periferie esistenziali della società, sostenendo donne, uomini che si impegnino, per un’autentica cultura dell’incontro.
Nola, 2 marzo 2023