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La Tempesta Perfetta….
Il Napoli incanta e seppellisce ciò che resta della Juventus con una Goleada Scudetto
di Carlo Gimmelli

L’immagine simbolo della “manita” azzurra contro una risibile contendente alla vittoria finale è la laconica faccia di Spalletti, pensierosa, quasi triste, dopo la frustata di testa di Osimhen che su una palla ricamata da Kvara si arrampicava in cielo e chiudeva i giochi dopo un’ora l’allenamento contro la Juve più scarsa degli ultimi quindici anni: una squadra fantastica ma “normale”, una cavalcata, al momento, implacabile ma senza isterismi e fanfare.

Super soldout al Maradona dove il caro prezzi che ha portato le curve (i cosiddetti biglietti popolari!) a 50 euro e la tribuna Posillipo a 150, non ha scoraggiato i 60.000 provenienti da tutta Italia.

Una vittoria roboante, mai in discussione anche dopo il 2 a 1 di Di Maria, troppo il disvalore di qualità ma, soprattutto di gioco, tra i padroni azzurri del campionato e una Juventus in completo disarmo, sportivo ed economico alle prese con pesanti grane giudiziarie che hanno portato alle dimissioni in tempo record dell’intero l’intero CDA e commiatato l’ultimo rampollo di casa Agnelli dopo la dissennata gestione degli ultimi tempi che hanno portato la società in tribunale con accuse pesanti di falso in bilancio e aggiotaggio.

L’ultima manita azzurra contro i bianconeri risaliva al 1990, settembre, ma era il canto del cigno di un Napoli che aveva (quasi) vinto tutto, c’erano Careca e De Napoli, Silenzi e Alemao e soprattutto un Maradona, ormai fuori contesto e prossimo all’addio, che alzò l’ultimo trofeo dell’era Ferlaino.

Oggi c’è una squadra speculare a quella, una squadra di cui parla l’intera Europa calcistica, giovani talenti affamati di vittorie che intravedono la concreta possibilità di entrare nella storia pallonara (che significa tanto altro!) della città.

La normalità di una squadra che incanta: disegna calcio con un possesso palla sfiancante, irretisce l’avversario (chiunque sia!), verticalizza e punisce con i suoi cavalli di razza, anche contro la blasonata e decadente zebra gli azzurri hanno raggiunto vette di estetica di rara bellezza, un tiki taka martellante, azioni con fraseggi infiniti (anche 30 passaggi consecutivi) per sfiancare i bianconeri e poi le improvvise accelerazioni di Kvara (8, bentornato!) e di Re Vicktor (8.5) che non ha sbagliato praticamente nulla.

Capitolo a parte merita il georgiano che Spalletti ha intelligentemente confermato a sinistra dopo le due prove opache contro Inter e Samp; il ragazzo, dopo la pubalgia che lo ha fermato nel miglior momento, il 1° novembre, sembrava aver perso l’irresistibile folle inventiva iniziale e giù le solite risibili critiche dei sapientoni appollaiati sul ramo; bene, il ragazzo ha zittito tutti (anche platealmente dopo il gol del 2 a 0) con una prestazione sontuosa, è praticamente entrato in tutti i gol su azione degli azzurri prima con una mezza sforbiciata volante deviata dall’estremo bianconero e ribadita in rete da Osimhen, poi freddando il portiere dal dischetto su assist aureo di Victor e infine con la pennellata che ha permesso la doppietta del nigeriano, il tutto condito da giocate mai banali e incursioni che hanno fatto impazzire i difensori.

Stilare le pagelle è molto difficile, dal capitano Di Lorenzo (8) , un muro, al corsaro assist man Mario Rui (7) che ha annullato Chiesa, al metronomo Lobotka (7,5), al guerrieo Anguissa (7), al subentrato Jolly offensivo Elmas (7.5) , che ha siglato con una serpentina in area il gol della manita, al ritrovato Ramhani (6.5), in bambola contro l’Inter e svagato contro Di Maria, poi autore di un quasi autogol sventato dall’ottimo Meret (7), il difensore albanese si è ritrovato con una fucilata al volo su corner e ha siglato il gol del 3 a 1 dopo il golletto dell’illusoria remuntada bianconera di Di maria (uno dei pochissimi a salvarsi nel naufragio sabaudo).

Siamo ancora a meno della metà del cammino, quella di Venerdì non poteva essere una gara decisiva, manca un intero girone e soprattutto i faticosi impegni in Champions, ma i numeri degli azzurri sin qui sono da sturbo: 47 punti conquistai su 54 disponibili, 44 reti realizzate (una media di quasi 2.5 gol a partita), solo 14 subiti, una media di possesso palla del 63%, Osimhen capocannoniere con 12 reti senza rigori, nonostante una lunga assenza, e soprattutto più nove sul secondo posto del Milan campione d’Italia.

La maturità di questo Napoli e di questo tecnico rispetto al Napoli della grande bellezza di Mastro Sarri che nel 2018 si vide scippare uno scudetto a portata di mano proprio dai soliti bianconeri , con i noti fatti di San Siro sta nella capacità di soffrire e di cambiare pelle; quel Napoli dei 91 punti era perfetto ma talmente perfetto che bastava un po’ di sabbia nell’ingranaggio sarriano per smarrire il filo; questo Napoli è meno orchestrale, meno ecumenico, più individualista ma meno fragile: sa soffrire e ripartire e, soprattutto, ha tanta qualità, anche in panca.

Spalletti, solito pompiere e sergente ha già la testa alla Coppa Italia (ottavi), mercoledì contro la Cenerentola Cremonese per un altro obiettivo possibile, ci sarà un discreto turn over con il probabile debutto del portiere Sirigu.

Il girone di andata con gli azzurri Campioni d’inverno si concluderà sabato a Salerno con il delicato derby contro i cugini della Salernitana.

Sin prisa pero sin pausa.

Napoli, 16 gennaio 2023