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Battistello Caracciolo
il primo seguace napoletano di Caravaggio
di Achille Della Ragione

A Battistello Caracciolo spetta sembra ombra di dubbio il titolo di primo interprete del caravaggismo a Napoli. In tempi di modelli svestiti e di lumi alzati, egli fu l’artefice ed il massimo corifeo, dopo un decennio di pratica in ambito manieristico, in stretto contatto e collaborazione con Belisario Corenzio, dell’introduzione di un nuovo linguaggio figurativo, basato sull’essenzialità del racconto, sulla drammaticità della scena fissata da squarci di luce abbagliante, sulla messa a fuoco dei personaggi, pur conservando una certa cura nella definizione dei contorni.

La sua Immacolata Concezione, affollato telone di inquietante vitalità, nella chiesa di Santa Maria della Stella, documentata al 1607, ci mostra un pittore già maturo nel trattamento della luce e nella resa del dato naturale, pochi mesi dopo la sfolgorante apparizione delle Sette opere di Misericordia del Caravaggio nella chiesa del Pio Monte, segno evidente che Battistello aveva già attinto a Roma in precedenza la lezione del luminismo, che continuerà ad esprimere in altri dipinti di altissima qualità quali il Battesimo di Cristo dei Gerolamini, la serie degli Ecce Homo e la Crocefissione del museo civico di Castelnuovo.

Dopo un soggiorno di studio a Roma, nel 1615, data del suo ritorno a Napoli, ecco che Battistello nella Liberazione di San Pietro dal carcere ottiene raffinati effetti di luce di un chiarore limpidissimo associati ad un rigoroso trattamento degli aspetti cromatici. Seguono altre opere importanti come la Trinitas terrestris della Pietà dei Turchini, documentata al 1617 e poi, dopo il soggiorno fiorentino, con la Lavanda dei piedi, la grande tela che il Caracciolo nel 1622 dipinge per il coro della chiesa della certosa di San Martino, termina la fase luministica ed inizia il processo di involuzione, vera marcia a ritroso verso le sue origini manieristiche quasi neo corenziane. L’audace sperimentatore volge la bussola verso nuove soluzioni formali, pur senza tradire del tutto la lezione caravaggesca; comincerà la definizioni di ampie composizioni a carattere monumentale, con una grande cura della definizione spaziale ed una luce bronzea dominerà la tavolozza di tutta la sua ultima produzione. Il Battistello riuscì così a dimostrare quali effetti di pacata commozione si potessero trarre da una luce che contrastasse con l’ombra sul filo di una linea sinuosa e melodica.

Appartengono a questi anni la Sacra famiglia e San Giovannino, conservato nel Liechtenstein, il San Sebastiano del Fogg art Museum di Harvard, il bozzetto di Sant’Ignazio in gloria del Correale di Sorrento e la Gloria di San Gennaro tra i santi patroni di Napoli della chiesa della certosa di San Martino.
A differenza del Caravaggio il Caracciolo si dedicò all’affresco, ove le sue pregevoli doti di disegnatore rifulgono nella resa volumetrica e nella calibratura delle composizioni.

Un lungo processo sostanzialmente uniforme nella qualità, sempre molto alta, da San Martino a Santa Maria la Nova, da Santa Teresa agli studi a San Diego all’Ospedaletto, ove si dedica anche alla pittura di paesaggio, dal palazzo Reale all’Oratorio dei Nobili al Gesù Nuovo, ove lavorerà con il Lanfranco poco prima della sua morte.

*foto di Dante Caporali

Napoli, 29 agosto 2022