gio 21 NOVEMBRE 2024 ore 20.20
Home Politica Gli Occhi della Tigre e la Grande Ammucchiata

Gli Occhi della Tigre e la Grande Ammucchiata
di Carlo Gimmelli

Enrico “Stai Sereno” si vendica di Renzi e imbarca Calenda, cartelletta Di Maio e gli ex Forzisti prima di affondare…..

Che fosse la peggiore Legislatura della seconda (o terza?) repubblica c’erano state le avvisaglie fin dal primo vagito, nel 2018, quando occorsero tre mesi e una grottesca richiesta di impeachment (?) per Mattarella ad opera del “cartelletta” (copyright Beppe Mao) Di Maio per veder nascere il primo dei tre improbabili governi a trazione grillina.

Ma che la farsa draghiana del più litigioso dei governi di Unità Nazionale si trasformasse in burletta, probabilmente, neppure il più scafato dei notisti politici poteva profetizzarlo.

La campagna elettorale ferragostana, la prima in assoluto nella storia repubblicana, complici i pochi seggi disponibili si è già trasformata in una gigantesca arena, corpo a corpo, con colpi di teatro quotidiani, insulti via social e risse televisive dove gli amici diventano acerrimi avversari e viceversa per contendersi l’agognato scranno.

Le due vittime sacrificali della zuffa politica appaiono essere Giggino “cartelletta” Di Maio e l’ebetino Renzi, i due sparigliatori di carte della passata legislatura, che sono stati lasciati col cerino in mano e la concreta possibilità di restare fuori dal salone delle feste.

L’ex Golden boy di Rignano sull’Arno, che contende a Di Maio il primato di politico più odiato dell’ultima legislatura, il guastatore nemico giurato dei pentastellati, gran conoscitore dei giochetti di Palazzo, che, eletto con i voti PD, con la sua congrega Italia Viva e un manipolo di fedelissimi congiurati ha pilotato la formazione degli ultimi due governi portando a termine il Conticidio 2 con il suo manipolo di fedelissimi congiurati.

Oggi Matteo da Rignano, ancora sotto indagine dalla procura di Firenze insieme al suo cerchio magico per i presunti finanziamenti illeciti tramite la fondazione Open, è alla disperata ricerca di un “onorevole” salvacondotto parlamentare per evitare pericolose incursioni giudiziarie ma Enrico “staisereno” Letta non ha mai dimenticato lo sgambetto del 2014 che gli costò il premierato e lo ha, di fatto, abbandonato al suo destino, elemosinandogli sottobanco un “diritto di tribuna” ad personam nelle fila della lista civetta PD, Democratici e Progressisti.

Proposta, al momento, rispedita al mittente: così l’ex boyscout sarà costretto a giocare la roulette russa del Terzo Polo (?), correndo praticamente da solo con lo spettro dello sbarramento invalicabile del 3% e rischiando con i suoi fedelissimi del “giglio magico” di restare fuori dal palazzo e cercarsi un lavoro.

Intanto continua ad attaccare via social il nemico giurato Di Maio, l’ (in)utile idiota che, con la sua egoriferita fuoriuscita dal Movimento, ha dato la stura alla spallata di Conte al Governo di SuperMario, che, al contrario, pare intenzionato ad accettare la ciambella di salvataggio poltronifera lanciatagli da Letta.

Giggino “er cartelletta” in effetti è il secondo politico in cerca di autore di questa afosa, polverosa arena elettorale e contende a Renzi il primato di politico social più vituperato: leggendarie ormai le sue capriole dialettiche e il raffazzonato trasformismo che lo ha reso oggetto del neologismo “dimaiano”, indicatore del più sfacciato e bronzeo voltafaccia.

Ma le cose per il machiavellico pomiglianese inerpicatosi fino al soglio della Farnesina sembrano complicarsi con l’infervorarsi della battaglia elettorale: dopo aver ripescato l’eterno doroteismo nella figura del sempiterno Tabacci e creato l’ennesimo partitino raccattapoltrone, Impegno Civico, è stato messo all’angolo dal perfido Letta che gli ha elemosinato due seggi quale “diritto di tribuna” nel Listone “Democratici e Progressisti”, abbandonando al proprio destino i 62 naufraghi che lo seguirono speranzosi nella scissione dal Movimento.

Intanto il felino capo del PD, che con gli occhi della tigre cerca di evitare un’altra scoppola elettorale dopo quella di Gargamella Bersani, che nel 2013 voleva “smacchiare il giaguaro”, deve fare i conti con la rabbia dei circoli locali del partito da Bibbiano a Modena , a Roma e Napoli che minacciano la rivolta e di strappare le tessere se l’ex bibitaro venisse candidato nei collegi locali.

Giggino in queste ore sta freneticamente tessendo trame elettorali, ieri ha ricevuto Letta alla Farnesina, cercando di piatire qualche seggio almeno per i fedelissimi ; l’alternativa sarebbe correre da solo con il suo partitino dell’Ape rischiando concretamente di schiantarsi contro lo sbarramento del 3%.

Poco importa se, nelle stesse ore, si sono riaccesi funerei venti di guerra tra Serbia e Kosovo con circa 700 militari italiani impegnati nella zona cuscinetto e le nuove tensioni tra i governi tribali Libici che stanno portando ad una pesante crisi petrolifera con il crollo delle esportazioni verso l’Italia.

Occorrerebbe un autorevole Ministro degli esteri che coadiuvasse una imponente azione diplomatica su più fronti, ma da tempo ormai la Farnesina ha azionato il pilota automatico mentre il titolare è impegnato nella più redditizia battaglia per restare a galla.

Durissimo il giudizio politico ma, soprattutto, umano di Alessandro Di Battista che in un lungo post social ha asfaltato l’ex amico definito “arrivista, senza un voto, disposto a tutto per il potere”; e proprio il Che Guevara di Roma Nord con il suo rientro alla politica attiva potrebbe essere l’asso nella manica di Conte che ha dovuto ingoiare il diktat di grillo sul limite dei due mandati.

Ma, paradossalmente, proprio il mantenimento dell’ultimo baluardo del grillismo prima maniera e la credibilità di Di Battista e la popolarità di Virginia Raggi presso la base, potrebbe ridare slancio e credibilità al Movimento affossato nei consensi dalla doppiezza di Di Maio.

Conte permettendo.