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Napoli, da Masaniello a Richeliaeu…..

L’Immobilismo Post Pandemia Frena la Ripartenza della Città….
di Carlo Gimmelli

Il giochino elettorale è più o meno lo stesso dal 1993, cioè da quando fu introdotta la elezione diretta dei sindaci e degli Enti Locali, fare terra bruciata intorno all’operato del predecessore, demolire politicamente l’avversario, rompere più che costruire e recitare il copione di ingurgitare stoicamente l’amaro calice della successione alla guida della città.

Dopo il decennio “scassato” e visionario di De Magistris partito con la rivoluzione arancione e terminato ingloriosamente con la diaspora politica del movimento del Che Guevara del Vomero, la città intorpidita e disillusa si è consegnata, rassegnata, alla “terapia d’urto” del Richelieau restauratore, investito dal vecchio “nuovo che avanza” del ruolo di normalizzatore dopo il decennio anarchico.

Spazzata via la variopinta e improbabile classe dirigente (?) Masaniellana, tra l’indifferenza della città (in)dolente, record assoluto di astensionismo (46% votanti) alle amministrative dello scorso ottobre, ciò che è rimasto della vecchia rattoppata maggioranza che era arrivata in coma a fine sindacatura grazie al voto pietoso e interessato della opposizione, è ricicciato nella nuova (?), in un groviglio di transfughi, voltagabbana, mestieranti della politica locale, vecchi dinosauri della politica nazionale riciclatisi per garantire un posto al sole alla prole; il tutto centrifugato in una selva di dodici partiti, sigle e bocciofile che
dovranno convivere più o meno pacificamente nei prossimi 5 anni per permettere al normalizzatore di tirare la città fuori dalle sabbie mobili.

L’incipit, va detto, non è stato foriero di grosse aspettative: a sette mesi dalle elezioni i partiti di maggioranza stanno ancora litigando sulle nomine degli assessori (circa 1.700 euro al mese) delle dieci municipalità, con tanto di paralisi della già deficitaria macchina amministrativa; il Tar ha minacciato la nomina di un commissario per superare l’impasse per poi affidare la patata bollente al neo sindaco che dovrà fare i conti col pallottoliere del manuale Cencelli per evitare le prime grane.

Come se non bastasse, uno dei primi atti concreti del normalizzatore è stata la triplicazione del proprio stipendione, schizzato da 5.000 euro mensili di De Magistris, ai circa 13.000 di Manfredi e quello di consiglieri e assessori; il tutto previsto, certo, da una norma nazionale, ma impossibile non evidenziare lo stridore di un provvedimento così intempestivo in una città che balla da anni sull’orlo di una voragine di debiti, con il record nazionale di percettori di reddito di cittadinanza e un degrado ambientale e sociale evidente che lascia perplessi i turisti che pure sono, fortunatamente, tornati in massa ad affollare Napoli.

Già, il degrado!

Eppure fu proprio l’ex rettore della Federico II ad usare l’arma della denuncia del declino della città, in campagna elettorale, un anno fa! Declamando che la capitale del Sud avrebbe ripreso la sua dignità, Da qui il nuovo slogan: il Patto per Napoli, fine dell’isolamento, fondi, rilancio dei grandi progetti, i soldi a pioggia del PNRR, ricchi premi & cotillon!

Insomma il solito menu, peccato che, litigi a parte, la nuova giunta sia partita sonnecchiando e anche l’agognato accordo con il Governo Draghi, che ha visto la luce a fine marzo (chiesto un miliardo all’anno per tre anni per ripianare il debito monstre) abbia partorito 1,2 miliardi in 20 anni con la clausola di una serie notevole di obiettivi (impossibili?) da raggiungere.

Oggi dopo 8 mesi di sindacatura, però, di questo nuovo slancio pare non esservi traccia e, pur essendo tornati i turisti dopo due anni di assenza, Napoli appare inerte, sciatta, molto sporca, non in grado di offrire accoglienza e servizi degni di una città che dovrebbe vivere di turismo e terziario.

Tra le criticità più visibili, la pessima gestione del patrimonio architettonico e storico che versa in condizioni indefinibili: certo è assolutamente improponibile un raffronto con la galleria Vittorio Emanuele II di Milano, lussuoso salotto della città o la Galleria Alberto Sordi a Roma ma la gloriosa galleria Umberto I, gioiello liberty di fine ‘800, versa da anni in uno stato comatoso, tra sporcizia, vetri rotti, graffiti e stucchi vandalizzati; degrado che nel 2014 costò la vita al quattordicenne Salvatore Giordano, colpito in testa da frammenti marmorei staccatisi da un fregio; ci sono voluti quasi dieci anni per arrivare ad una prima sentenza di condanna dei dirigenti comunali degli uffici preposti dopo un penoso ed infinito balletto di accuse tra Comune e condomini privati Di sera, quando le attività sopravvissute chiudono, la Galleria diventa un lussuoso campo di calcio indoor oltre che prestigiosa dimora per i senzatetto che da anni hanno trasformato gli eleganti colonnati esterni in pubblici orinatoi tra la rassegnazione dei napoletani e lo stupore dei turisti che fotografano il folkloristico degrado. Eppure appena 5 mesi fa una imponente operazione spot, annunciata dal sindaco, con l’utilizzo di circa 40 uomini, ripristinò a favore di telecamere, pulizia e legalità con l’impegno di riconsegnarla alla cittadinanza.

Oggi è ritornata terra di nessuno.

Piazza Garibaldi, la porta della città, dopo gli interminabili lavori di riassetto firmati dall’archistar Dominique Perrault, durati 12 anni, e la pomposa inaugurazione del novembre 2019, è un immondo suk: aiuole ricettacolo di rifiuti, alberi sradicati, vecchi abiti gettati alla rinfusa, bottiglie, cianfrusaglie e monnezza dappertutto.

Quella che doveva essere un area giochi e relax è diventata una distesa infinita di clochard e sbandati ubriachi stesi a terra in pieno giorno con i turisti costretti a fare lo slalom con i trolley; fanno da cornice gli ormai caratteristici mercatini della monnezza; gli uffici della Polizia Municipale che doveva sorvegliare la piazza fino a notte fonda, non sono mai entrati in funzione e sono stati vandalizzati insieme ai campi sportivi e ai giochi per i bambini, ormai inservibili.

Pacchisti e scartiloffisti bivaccano impunemente fuori agli alberghi in attesa di sgraffignare, con le buone o le cattive, qualche banconota agli incauti turisti che si illudono di concludere l’affare della vita.

All’imbrunire, risse, rapine e regolamenti di conti tra immigrati sono quotidiani e il variegato mondo degli extracomunitari si è riappropriato della piazza che doveva essere la grande agorà culturale della città.

Chissà cosa ne pensa Perrault!

La Villa comunale, giardino sul mare, è da anni impresentabile: fontane secche, opere d’arte vandalizzate, aiuole rinsecchite , alberi abbattuti, abusivi e illegalità diffusa ma al di là dei singoli esempi alla città manca lo scatto d’orgoglio di farsi bella e rialzare la testa!

Insomma a quasi un anno dall’insediamento il Richelieau napoletano non è riuscito a normalizzare la capitale del Sud, certo c’è ancora tempo, ma è indispensabile che agli annunci seguano i fatti; ad oggi la città pare procedere con il pilota automatico, Manfredi caratterialmente e politicamente non ama l’esposizione mediatica come il predecessore Giggino e apparire non è suo compito istituzionale ma sarebbe ora che entri in maggiore empatia con la città e, soprattutto, agli annunci faccia seguire i fatti.
In ballo c’è la ripartenza post covid e i soldi dell’ormai superato PNRR, l’amministrazione è in grave ritardo con la presentazione dei progetti e fallire anche stavolta sarebbe letale.

La sola nota lieta è l’esplosione del turismo dopo l’inferno della pandemia.

Nonostante tutto questa città, baciata da Dio, ha dimostrato di saper resistere a tutte le calamità, perfino agli amministratori.

Napoli, 31 maggio 2022