È il mio mondo. È il luogo dove non si muore mai. È l’Europa! Martina Tafuro. Verona
È il mio mondo. È il luogo dove non si muore mai. È l’Europa
di Martina Tafuro
Sebbene le storie sulla sua nascita divergano,
in tutte l’Europa è il luogo di una civiltà trasgressiva,
di un modo di vita allergico alle frontiere,
di una cultura intrinsecamente espansiva.
Di avventure che nel corso dei suoi oltre
due millenni hanno cambiato la storia.
Zygmunt Bauman
Perché, queste maledette guerre, mi vogliono costringere a scegliere tra affetti o legami?
I primi pensati come apportatori di autenticità e i secondi di obblighi.
Veniamo soggiogati dal mito dell’estemporaneità, siamo alla ricerca della genuinità degli affetti allentando i legami, e così facendo giochiamo, in modo compulsivo d’azzardo e come in tutte le scommesse non ci viene mai restituito quanto ci è stato promesso.
Ho provato a interrogare me stesso su cosa voglia dire essere cittadino europeo.
Sono trascorsi ben ventinove anni dall’istituzione della cittadinanza dell’Unione, con il trattato di Maastricht. La pista da seguire è sempre stata quella: “…di rafforzare la consapevolezza e la conoscenza dei diritti e delle responsabilità connessi alla cittadinanza dell’Unione, così da permettere ai cittadini di esercitare pienamente i propri diritti, con particolare riferimento al diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati Membri…”.
Bella cosa! Ma vi chiedo, voi vi sentite inquilini o cittadini?
Premetto che il concetto di europeo mi sta stretto, mi sento di appartenere all’umanità.
Conservo, però, delle identità essenziali e identificative che transitano per quella europea, per quella genovese e per quella nolana, ereditate dai miei genitori, che sicuramente non si escludono.
Cercando di mettere dei punti fermi, quello che mi fa sentire europeo è il fatto di essere parte di una storia politica che è nata qui: il pensiero democratico, poiché ogni mia posizione è rispettata e garantita.
Sicuramente la cittadinanza europea, come sentimento, non l’ho ancora fatto mio…ma ci sto lavorando.
Occorre essere consapevoli che, mentre abitiamo “il locale” della
nostra origine, del nostro ambiente, del nostro paese, gli orizzonti di riferimento
si sono ampliati. Non è sicuramente facile, per delle nazioni
rimaste così a lungo separate da sistemi valoriali e di governo diversi,
con tradizioni religiose e culturali differenti, giungere ad una unitarietà
totale di visione, ma i valori fondamentali del dialogo, della mediazione,
della valorizzazione delle diversità sono sicuramente alla base
del lungo cammino che la Comunità Europea allargata deve poter intraprendere.
Tuttavia, solo un’Europa capace di realizzare una democrazia
efficace e di valorizzare la partecipazione delle diversità in un
contesto di pace e di sviluppo può divenire soggetto autorevole a livello
internazionale e rappresentare quello “spazio transnazionale nel quale
i cittadini dei paesi diversi possono discutere quelle che a loro parere
sono le grandi sfide dell’Unione”.
Commissione Europea, Libro bianco sulla Governance Europea
Il concetto dell’essere cittadino è articolato e complesso, figurarsi per la cittadinanza europea che è qualcosa di aleatorio.
Facciamo fatica a definirci europei, ci attacchiamo alla nostra identità italiana in opposizione a quella tedesca, tanto per citarne una.
Ecco il guaio, cerco di costruire la mia cittadinanza e dunque la coscienza di un’identità europea in negativo e non coltivo, invece, le affinità.
È possibile vivere insieme nella diversità, nell’Europa plurale di oggi?
La risposta è che non si può tracciare una via di integrazione nuova e mai sperimentata se non fondandola su un punto di equilibrio tra pluralismo e coesione civile.
Ho bisogno di metterci le mie energie per costruire una nuova etica pubblica, attraverso parole irrinunciabili come pace, identità, cittadinanza, laicità, ambiente.
Il rispetto reciproco deve essere alla base del vivere insieme, ecco la sfida a cui è chiamata l’etica pubblica nella crisi di civiltà che stiamo attraversando, a causa della perdita di ruolo della politica e dalla assenza di dibattito pubblico. Tutti noi dobbiamo convincerci che si prenda sul serio l’obiettivo di uscire dall’individualismo esasperato, dalla nevrosi dell’identità personale e solitaria.
Come in un corto circuito, si è interrotta la trasmissione dei valori, dei saperi e della partecipazione, che si tramandavano da una generazione all’altra.
È stato lasciato campo libero all’influsso di altri canali comunicativi che riescono a imporre nuovi modelli di riferimento più seducenti e più adattabili alle esigenze del mercato e della società liquida. In nome dell’individualismo abbiamo tutti ballato al funerale della cultura dei legami e al vincolo di solidarietà, che erano stati al centro della vecchia paideia greca che nel quinto secolo avanti Cristo significava allevamento e cura dei fanciulli, sinonimo di cultura e di educazione alla culturalità.
Lo spirito di cittadinanza e di appartenenza costituivano infatti un elemento fondamentale alla base dell’ordinamento politico-giuridico delle città greche.
L’identità dell’individuo era pressoché inglobata da quell’insieme di norme e valori che costituivano l’identità del popolo stesso.
Occorre sensibilizzare e informare meglio su come poter beneficiare al massimo dei diritti e delle politiche dell’UE, incentivare la partecipazione attiva dei cittadini ai processi decisionali in ambito europeo.
Gustav Mahler ha detto: “Tradizione non è adorazione della cenere ma custodia del fuoco”. Custodiamo con cura il fuoco, come il saggio faceva anticamente che aveva a cuore la comunità per proteggerla e tramandare la conoscenza accumulata.
Negli ultimi ventinove anni abbiamo sempre adempiuto con dignità a questo compito?
Verona, 19 aprile 2022