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Florilegio sulla femminilità
di Martino Ariano

 

La mitologia dell’antica Grecia narra che Atena è generata nella paura, poiché Zeus aveva giaciuto con Meti, dea della saggezza e della prudenza.

Zeus allarmato da una profezia, secondo la quale i figli di Meti sarebbero stati superiori a qualsiasi uomo, non trova altra soluzione che divorare Meti.

La paura pertanto divora la prudenza.

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Questa immagine ci dice molto delle nostre relazioni, poiché il più delle volte esse sono di carattere fusionale.

Nella relazione pensiamo solo a noi stessi e per paura di smarrirci tendiamo a divorare l’altro.

Zeus, come gran parte del genere umano, obbliga Meti a lasciarsi ingurgitare, il mito ci dice che la costringe a diventare una goccia, secondo altre varianti, una mosca o una cicala e la ingoia.

Quindi generare diventa, in questo mito, la forma per liberarsi di un problema.

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Sempre secondo il mito, Meti aveva già concepito Atena e una volta mangiata da Zeus, comincia a tessere le vesti di Atena a modellarne l’elmo.

Per liberarsi dal suo mal di testa, provocato dai colpi di martello con cui Meti forgiava l’elmo di Atena, Zeus si fa aprire la testa da Esculapio, permettendo ad Atena di venir fuori con le sue sembianze di donna.

La nascita di Atena, quindi, non è desiderata, ma serve a far star bene il padre, insomma è una necessità, infatti Atena sarebbe nata, dalla testa di Zeus, già adulta.

Dietro questa immagine è da ravvisare l’abbaglio di sfuggire alla fatica di allevare un figlio piccolo. Atena è, infatti, il prodotto della testa di Zeus, delle sue convinzioni, dei suoi ragionamenti.

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Molte volte i genitori proiettano sui figli le proprie aspettative e li vorrebbero così come li pensano, così come Atena è il prodotto della testa di Zeus, i genitori cercano nei figli la concretizzazione del loro miserevole progetto mentale, è una relazione duale in cui uno divora l’altro.

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“Se i personaggi del vangelo avessero avuto una specie di contachilometri incorporato, penso che la classifica dei più infaticabili camminatori l’avrebbe vinta Maria. Gesù a parte, naturalmente.
Siccome allora Gesù è fuori concorso, a capeggiare la graduatoria è lei: Maria. La troviamo sempre in cammino, da un punto all’altro della Palestina, con uno sconfinamento anche al l’estero… Sempre in cammino… Santa Maria, donna della strada, come vorremmo somigliarti nelle nostre corse trafelate, ma non abbiamo traguardi. Siamo pellegrini come te, ma senza santuari verso cui andare.
Camminiamo sull’asfalto, e il bitume cancella le nostre orme. Forzati del camminare, ci manca nella bisaccia di viandanti la cartina stradale che dia senso al nostro itinerare.
E con tutti i raccordi anulari che abbiamo a disposizione, la nostra vita non si raccorda con nessun svincolo costruttivo, le ruote girano a vuoto sugli anelli dell’assurdo, e ci ritroviamo inesorabilmente a contemplare gli stessi panorami. Santa Maria, donna della strada, fa’ che i nostri sentieri siano, come lo furono i tuoi, strumenti di comunicazione con la gente e non nastri isolanti entro cui assicuriamo la nostra aristocratica solitudine.
Liberaci dall’ansia della metropoli e donaci l’impazienza di Dio. L’impazienza di Dio ci fa allungare il passo per raggiungere i compagni di strada. L’ansia della metropoli, invece, ci rende specialisti del sorpasso. Ci fa guadagnare tempo, ma ci fa perdere il fratello che cammina accanto a noi.
Santa Maria, donna della strada, segno di sicura speranza e di consolazione per il peregrinante popolo di Dio, facci capire come, più che sulle mappe della geografia, dobbiamo cercare sulle tavole della storia le carovaniere dei nostri pellegrinaggi…
Prendici per mano e facci scorgere la presenza di Dio sotto il filo dei giorni, negli accadimenti del tempo, nel volgere delle stagioni umane, nei tramonti delle onnipotenze terrene, nei crepuscoli mattinali di popoli nuovi, nelle attese di solidarietà che si colgono nell’aria.
Verso questi santuari dirigi i nostri passi. Per scorgere sulle sabbie dell’effimero le orme dell’eterno. Restituisci sapori di ricerca interiore alla nostra inquietudine di turisti senza meta.
Se ci vedi allo sbando, sul ciglio della strada, fermati, Samaritana dolcissima, per versare sulle nostre ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza. E poi rimettici in carreggiata…”

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Papa Bergoglio usa il termine diseguità per riassumere lo scandalo della diseguaglianza connesso alla sperimentazione dell’ingiustizia.

Non ho tutto l’acume dei cattolici perfetti, ma secondo me Franco ha voluto evidenziare lo scandalo delle mille forme di esclusione, di dolorosa miseria, in cui è finito il vostro bel mondo.

Gli esperti per affrontare la crisi utilizzano analisi ad alta precisione statistica, ma finché non affronteranno il tema della dignità della persona, vomiteranno solo fastidioso paternalismo!

Trentesimo giorno di guerra in Ucraina, l’ennesimo esperto profetizza che nel 2050 saremo più di nove miliardi ad abitare il pianeta.

All’incirca un terzo in più di oggi e per soddisfare la domanda di cibo avremmo bisogno di aumentare la produzione agricola del 70% rispetto a quella attuale.

4Intanto tolgono, con la forza, la Terra ai poveri.

Eh si! Questa Terra è il terzo pianeta in ordine di distanza dal Sole ed è il più grande dei pianeti terrestri del sistema solare, sia per quanto riguarda la massa che per il diametro.

È il pianeta su cui vivono tutte le specie viventi conosciute, l’unico corpo planetario del sistema solare adatto a sostenere la vita.

Ma tutti i nuovi colonizzatori, in nome della fame, hanno iniziato di nuovo a mettersi in moto.

Il più alto numero di persone mai registrato dalla Seconda Guerra Mondiale è stato costretto ad ababbandonare le proprie case a causa dei conflitti e dell’instabilità politica.

Madrid, 21 gennaio 2022