Il labirinto e il filo di cuccurucucù. Oltre alla mascherina saranno le parole a sconfiggere il Covid.
Il labirinto e il filo di cuccurucucù. Oltre alla mascherina saranno le parole a sconfiggere il Covid.
di Pasquale Falco
La pandemia ha causato danni e perdite in campo sanitario, economico, sociale; il virus ci ha metaforicamente rinchiuso in un labirinto, dal quale ora bisogna uscire. Occorre, però, trovare il percorso giusto. Si punta molto sui vaccini, sul programma europeo di sostegno economico e sulla capacità di recupero degli Italiani. Parafrasando il detto che ha caratterizzato il periodo, viene da chiedersi: Ce la faremo? E poi, sarà sufficiente il programma europeo di sostegno economico?
La sensazione è che, risolta la difficile battaglia sanitaria, per far ripartire il Paese non basta poter contare su ulteriori risorse finanziarie, certamente indispensabili; piuttosto è necessaria una trasformazione radicale, strutturale ma anche etica, dell’attuale Sistema Italia. Impresa difficilissima, se non, a prima sensazione, impossibile. Eppure il filo, già steso per venire fuori dal labirinto, è a portata di mano: è racchiuso, in una personalissima visione, nell’abbraccio della poetica, che pervade la produzione musicale di un genio gentile della canzone italiana.
Il covid-19 al suo arrivo e con la sua esplosione in Italia ci ha annichiliti.
Morti, ospedali strapieni, chiusure di tanti settori economici, obbligo di restare confinati in casa, difficoltà economiche per tante attività.
Nell’immediato il Paese ha dato una risposta che senza esagerazioni e retorica può definirsi eccezionale.
Nel frattempo, dopo aver messo alle strette l’Italia, il virus con il suo bagaglio di emergenza sanitaria, economica e sociale, ha aggredito gli altri Paesi europei, fino ad estendersi a scala planetaria.
Nel nostro Paese intanto oltre alle tante perdite in vite umane, acuite da un numero elevato di ammalati ricoverati rispetto alle potenzialità di cura delle strutture sanitarie, dall’assenza di una efficace terapia medica immediatamente disponibile e da decisioni/condanna ricadute sugli anziani nelle RSA, si è dovuto registrare un fortissimo disagio economico e sociale esteso ad un’ampia fetta di popolazione.
La chiusura prolungata di molte attività ha difatti causato un generalizzato blocco dell’economia e perdite consistenti di posti di lavoro; nel frattempo le risorse per ristorare l’economia del Paese sono risultate estremamente limitate e lente, vista la già notevole esposizione del debito pubblico.
La seconda ricaduta dopo una apparente ripresa e poi ancora una terza fase hanno visto perdurare ed accentuarsi questa condizione di gravissime difficoltà.
Comunque, in attesa che venisse approntato il vaccino, unico strumento per preservare le persone dal contagio, l’Unione Europea, dopo aver constatato che la diffusione del virus e lo stato di difficoltà interessavano ormai la generalità dei Paesi membri, ha convenuto sulla necessità di un piano di aiuti di portata epocale basato su fondi europei.
La classe politica nostrana, in preda ad un’aumentata litigiosità, ha fatto trasparire chiaramente, giorno dopo giorno, quanto potesse essere difficile adottare una risposta adeguatamente mediata tra diritto alla salute, diritto a fare economia e diritto all’istruzione; alla fine, visioni notevolmente differenti, anche strumentali, sugli effettivi costi per accedere ai fondi europei e sui settori eventualmente da finanziare hanno portato ad una crisi di governo. La soluzione, ritenuta immediata e necessaria dalle massime cariche istituzionali, è stata quelle di formare un governo che facesse fronte al difficile momento e che evitasse al Paese scenari e conseguenze ancor più drammatici.
Ad oggi, con le vaccinazioni in fase avanzata e con la prospettiva di un definitivo superamento della crisi sanitaria, è necessario predisporre tutte quelle misure economico-finanziarie necessarie per accompagnare la ripartenza economica.
Il Governo ha presentato il Piano nazionale di resistenza e resilienza per accedere ai fondi europei e l’Unione ha condizionato l’accesso agli aiuti all’introduzione di una serie di riforme.
È il caso di dettare una trilogia di intenzioni per tali riforme: vanno fatte, perché il Paese ha necessità assoluta di aiuti e qui sono in gioco quasi 240miliardi di euro; vanno fatte bene, perché ci sarà la verifica sulla loro efficace realizzazione e, all’esito negativo, la definitiva interruzione degli aiuti; vanno fatte subito, perché devono concludersi necessariamente entro il 2024.
Andando ad approfondire l’entità dell’intero pacchetto di riforme da realizzare, subito emergono due aspetti eclatanti: la loro quantità e la complessità dei settori da riformare e dei contenuti da introdurre.
Prima di tutto si tratta di un numero elevatissimo di riforme. Sono stati calcolati addirittura 48 interventi in totale, tanto da richiederne una suddivisione in categorie; infatti si parla di riforme orizzontali, abilitanti, settoriali, di accompagnamento.
Se poi si scorrono i settori da trasformare, si ritrova la riforma della Pubblica Amministrazione, le Semplificazioni, la riforma della Giustizia, la riforma del Fisco, la promozione della Concorrenza, la transizione digitale, la transizione ecologica ed energetica.
Se a queste si aggiungono le ulteriori problematiche che tormentano il nostro Paese e che necessitano di interventi altrettanto radicali, quali le misure di riduzione del debito pubblico, la lotta all’evasione fiscale e al sommerso, la lotta alla criminalità, il contrasto al malaffare e alla corruzione, la riforma del sistema pensionistico, le riforme sul bicameralismo e presidenzialismo, la riforma del sistema sanitario, la riforma del sistema elettorale, il problema di una adeguata e dignitosa accoglienza degli immigrati.
A ben vedere si tratta di temi estremamente seri ed altrettanto divisivi, per i quali occorre predisporre in tempi rapidissimi una lunghissima serie di interventi normativi.
È ovvio che persistendo le attuali condizioni di contrapposizioni sterili e strumentali, assunte per militanza di campo più che nel reale interesse della collettività, si può temere che il Paese sia prossimo alla catastrofe civile, economica, sociale.
Ed è altrettanto lecito chiedersi, se siamo arrivati a tale punto, come ci siamo arrivati e di chi è la colpa?
Ed infine, basteranno i miliardi del Recovery Fund a permettere di risalire la china o c’è bisogno di qualcosa di diverso?
La colpa non è certamente addebitabile al Covid, né tantomeno alla congiuntura economica negativa o alla globalizzazione che ha spostato i centri produttivi di merci e di ricchezza.
Un primo passaggio verso una vera e significativa ripresa, non può non partire da un’autocritica forte, o se si vuole un esame di coscienza forte, da parte di tutte le componenti del Sistema paese, perché è innegabile che negli ultimi decenni si è verificato una generalizzata perdita di valori positivi che ha imbruttito il Bel paese, dove praticamente ci si è votati esclusivamente al dio denaro, alla furbizia, alla prevaricazione, al machiavellismo, al menefottismo.
L’immagine più adatta che si possa trovare è quella descritta nel testo di una delle più emozionanti canzoni del compianto Franco Battiato, POVERA PATRIA.
A ben vedere rappresenta una denuncia contro la cattiva politica, ma è anche un invito a non rassegnarsi alla prepotenza del generalizzato potere che per raggiungere i propri biechi obiettivi devasta gli individui e il Paese, senza avvertire il minimo peso sulla coscienza.
Il messaggio di speranza finale è che dopo un lungo percorso, in cui inizialmente la primavera tarda ad arrivare, il cambiamento auspicato arriverà.
Un secondo passaggio consiste appunto nell’approntare un cambiamento, nell’effettuare una inversione di rotta, che sia terapia d’urto adatta alla gravità del momento e che accompagni il Paese da qui al futuro: la riconquista dell’onestà intellettuale, della coerenza, del supremo interesse collettivo, del rispetto del prossimo, del servizio per gli altri.
Anche qui Battiato ci fornisce lo strumento, LA CURA, da applicare a questo Paese malato ed afflitto: ogni individuo deve fornire la migliore cura al suo essere speciale, ma anche ai propri cari, al prossimo, e in definitiva farà bene anche a sé stesso.
Solo rinunciando agli egoismi individuali e di parte, recuperando i veri valori e prendendo a cuore la sorte degli altri, si potrà ripartire.
Ma a questo punto del percorso proposto, sembra legittimo il dubbio che il compito che ci spetta sia troppo arduo e praticamente impossibile da realizzarsi.
Ritorna l’interrogativo: Ce la faremo?
Se è vero che nei momenti difficili si dà il meglio, è anche vero che a volte le imprese impossibili possono anche realizzarsi.
Anche qui in un terzo passaggio, che vuole alleggerire, a dispetto della serietà delle tematiche trattate, ma nello stesso tempo essere anche speranzoso e beneaugurante, si vuole andare con la memoria all’anno 1982.
In quell’estate, l’Italia del pallone realizzò un’impresa ritenuta impossibile; un gruppo criticato, fischiato e sbeffeggiato, assolutamente non ricompreso tra i possibili vincitori, riuscì pian piano ad essere spettacolare e al tempo stesso concreto. Sbaragliò uno dopo l’altro avversari che sembravano inarrivabili. Ebbene gli azzurri con il Pablito nazionale, che aveva espiato con una lunga squalifica il coinvolgimento in una storia di calcio truccato, trovarono la forza per risorgere e trionfare ai mondiali in Spagna.
Ebbene quella fu l’estate in cui gli Italiani sognarono ad occhi aperti sulla colonna musicale di un album, LA VOCE DEL PADRONE, che conteneva brani indimenticabili per bellezza musicale e contenuti: Summer On A Solitary Beach, Cuccurucucù, Centro Di Gravità Permanente, Sentimento Nuevo, Bandiera Bianca.
Sul ponte (della nave Italia non) sventola bandiera bianca!
Napoli, 26 maggio 2021