Mucchio Selvaggio.
Mucchio Selvaggio.
di Carlo Gimmelli
Tanto tuonò che piovve. Alla fine Supermario sembra avercela fatta, se al prossimo step incasserà la scontata fiducia delle Camere riuscirà a portare a casa il terzo Governo, apparentemente improbabile, di questa tribolata XVIII Legislatura.
Ma a quale prezzo? Curriculum di Draghi a parte, l’unica cosa certa di questa fase appare l’incertezza che avvolge l’intero sistema paese italico, dall’economia agonizzante, specie al sud, ai milioni di disoccupati presenti e futuri, alla politica che si è assopita in attesa di tempi migliori, alla malfidata Europa che ci guarda con crescente sospetto e solo apparentemente rabbonita dal prestigio, non eterno, di Papà Draghi.
Sembra l’alba di un nuovo mondo, Grillo riabilita l’ex male assoluto Mister B., Salvini si dichiara Europeista convinto, Renzi scodinzola felice portando in giro le pantofole benedette di Super Mario, Di Maio incassa per la terza volta un ministero buttando fuori dal movimento l’amico/nemico Di Battista e pazienza se dovrà accontentarsi di fare da reggimicrofono di Draghi nei consessi internazionali, Zingaretti riesce a rinviare le elezioni sperando nell’autoestinzione dei grillini.
Tutti uniti canteremo!
Draghi, burocrate di poche parole, intanto ripristina il mai accantonato manuale Cencelli e con metodo da Prima Repubblica distribuisce un po’ di poltrone di seconda e terza fila ai suoi dante causa, per dargli l’illusione di contare ancora qualcosa e riservando i ministeri chiave, ovviamente, ai suoi colleghi “tecnici”, sperando che l’Europa e i mercati si accontentino.
In effetti la sola cosa che gli hanno chiesto di fare, spendendo il suo prestigio, è di portare a casa prima possibile il Recovery found, vitale per i nostri conti agonizzanti, un anno al massimo e poi, forse la possibilità di salire al Quirinale sullo scranno più alto. Oltre non gli verrà concesso.
In questo scenario, al momento, Giorgia Meloni scaltramente pare l’unica che abbia mantenuto una linea di coerenza, scegliendo di non partecipare al banchetto e mollando per il momento Salvini.
Linea che forse la premierà alle urne quando Mattarella o il suo successore decideranno di chiudere il sipario.
E i pentastellati, attuale gruppo parlamentare più ampio, come escono da questa lunga crisi? L’impressione è che sia mestamente finito un ciclo, una occasione fallita sotto porta, usando una metafora calcistica. Inchinandosi a Supermario senza nessuna contropartita vera, il movimento pare abbia intrapreso la strada della “normalizzazione” che i vertici contrabbandano per crescita strutturale. Sarà. Ma la base pare sia convinta che si sia passati troppo in fretta dal Parlamento aperto “come una scatoletta di tonno” al “volemose bene”.
In nome del “Cambiamento” sono state fatte digerire troppe giravolte, troppo violente, alcune non sono state comprese dalla base, le polemiche, in verità, da tempo avevano messo in agitazione i vertici; Grillo più volte è stato costretto a rimettere in riga i dissidenti ma anche l’Elevato da tempo sembra aver perso la sintonia con Casaleggio junior, ultimo atto il machiavellico quesito posto sulla piattaforma Rousseau con accuse reciproche di voler indirizzare l’esito del sondaggio.
Alla fine l’ha spuntata l’ex comico che ha dapprima rinviato le operazioni e poi dato il via libera ponendo con quesito abbastanza seducente per il “Si”.
Adesso con l’abbandono del Che Guevara Di Battista, il movimento sembra aver perso lo smalto giorni migliori e dilapidato un patrimonio di consensi forse troppo grande da essere gestito senza una preparazione politica.
Dopo l’approvazione del reddito di cittadinanza che, nonostante qualche buco nero, si è rivelato provvidenziale per il mantenimento dello stato sociale in seguito all’emergenza covid, i grillini sembrano aver smarrito il “quid” della propria esistenza politica.
Sono cominciate le epurazioni, gli abbandoni spontanei, le contestazioni della restituzione di metà stipendio, insomma una lunga fase di normalizzazione che ha ridimensionato il gradimento degli elettori e ha reso irrilevante il movimento nelle elezioni regionali e locali.
Fino all’epilogo controverso di questi giorni.
Forse agli ex ragazzi di Grillo è stato chiesto troppo.
Napoli, 14 febbraio 2021