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L’unificazione della misura: l’ordine nato dal caos
di Pasquale Falco

 Pesi-e-misure_Gianni-Rodari

 

415529Il Covid ci ha imposto una distanza interpersonale di sicurezza di almeno 1 metro.

Un turista stelle strisce in fila a Roma, o Parigi, o Londra, o Tokio, a cui venisse ordinato di mettersi a distanza di sicurezza di 1 metro, avrebbe certamente difficoltà a comprendere e ad obbedire.

Un europeo o orientale o africano, invitato ad allontanarsi di 1 yarda e tre pollici a New York, a Dallas, a Los Angeles, non capirebbe a che distanza mettersi.

Questo perché i sistemi metrici, utilizzati rispettivamente dagli americani e dal resto del mondo, sono differenti.

Questa diversità non riguarda solo le distanze, ma anche i volumi e il peso dei liquidi (un gallone di benzina non è un litro di benzina) e dei solidi (una libbra di mele non è un chilo di mele).

Lo so cosa state pensando.

Se, ogni Nazione avesse un sistema metrico proprio, sarebbe una vera e propria babele di misure. Avete pienamente ragione!

Sappiate pure che c’è stato un lunghissimo periodo, in cui ogni comunità utilizzava un sistema di misura delle grandezze sviluppato in autonomia.

Esistevano misure specifiche per molte derrate alimentari (grano, vino, farina), per tanti tipi di merci (stoffa, paglia), per non parlare delle misure di aree e delle superfici di terreno.Antiche-misure-foto-15-1

Non è esagerato dire che esistevano centinaia di unità di misure.

Considerando, poi, che ogni comunità, piccola o grande che fosse, faceva corrispondere ad ogni unità di misura un valore diverso, è facile comprendere le difficoltà che nascevano quando si commerciava anche tra una valle e l’altra, tra una sponda e l’altra.

Questa situazione si è prolungata dalla nascita delle prime civiltà fino al termine del XVIII secolo.

In tempi più recenti, il progresso, e la necessità di scambi commerciali tra posti anche lontani, ha richiesto di uniformare le molteplici misure utilizzate localmente: sono necessarie poche e univoche misure da applicare in tutti gli angoli del mondo conosciuto.

Per fare un parallelo, è stato come nell’Europa dei giorni nostri, quando, avvertita l’esigenza di abbandonare le monete dei singoli Stati, ciascuna con un suo differente potere d’acquisto e perciò di ostacolo alla libera circolazione delle merci, è stata creata l’unione monetaria con l’introduzione dell’euro, valuta unica valida per tutta l’Unione.

Ma torniamo al metro.

unnamedNel periodo della rivoluzione francese (1789) lo spirito riformatore dei lumi riuscì nell’impresa, più volte solo auspicata nel secolo precedente: uniformare le numerosissime e disparate misure locali in una unica misura di lunghezza, accettata in tutti i Paesi e valida per tutti i cittadini.

Il risultato simbolico, ma nello stesso tempo pratico, che i rivoluzionari francesi vollero raggiungere con le meritorie operazioni di uniformazione, fu quello che l’unità di misura dovesse essere collegata alle dimensioni della casa comune del genere umano: il pianeta terra.

All’epoca la visione di una terra perfettamente sferica andava ancora per la maggiore e si decise che il metro dovesse rappresentare la decimilionesima parte dell’arco di cerchio compreso tra l’equatore e il polo nord (quindi un quarto di un meridiano terrestre), il che equivaleva a dire che dovesse corrispondere alla quarantamilionesima parte di un intero meridiano terrestre (figura 1).

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Pasquale Falco. Riproduzione consentita

L’operazione decisa dai rivoluzionari fu favorita dalle molteplici conoscenze scientifiche maturate fino ad allora.

In primis quelle astronomiche per poter ottenere la misura dell’arco di meridiano e poi il meridiano completo.

Poi quelle topografiche, per poter misurare le distanze tra due punti sulla superficie terrestre.

Con queste nozioni gli scienziati avrebbero potuto determinare l’esatta dimensione da assegnare al metro.

A dirla tutta, però, i giacobini non introdussero alcun nuovo procedimento.

Infatti, già duemila anni prima Eratostene di Cirene (275-195 a.C.) aveva affrontato e risolto il problema della misura del meridiano terrestre, partendo dalla distanza, a lui nota, tra due città dell’antico Egitto, Alessandria, dove il nostro era direttore della notissima biblioteca, e Siene (odierna Assuan, nella valle dei Templi), posta a sud della prima (figura 2).

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Ma che la terra fosse tonda lo aveva già affermato Pitagora (580-500 a.C.) e Aristotele (384-322 a.C.).

Sappiamo bene che questa concezione, abbandonata nell’oblio già con l’impero romano e nel Medioevo, fu addirittura contrastata dall’Inquisizione cattolica nel Seicento, costringendo ad abiurare finanche le prime evidenze copernicane e le scoperte astronomiche galileiane.

Ebbene i Francesi nel misurare il meridiano non fecero altro che seguire ciò che aveva fatto Eratostene.

Ipotizzando la terra sferica, conoscendo la distanza tra Alessandria e Siene, sapendo che in quest’ultima località, nel giorno del solstizio d’estate i raggi del sole cadevano esattamente verticali senza creare ombre (gli avevano riferito che il fondo di un pozzo si illuminava completamente senza ombre).

Supponendo che i raggi del sole raggiungessero l’intera superficie esposta in modo tra loro paralleli (figura 3), Eratostene pensò di misurare l’angolo con la verticale formato da raggi solari ad Alessandria.

Quell’angolo sarebbe stato il corrispettivo dell’angolo al centro ed impostando una semplice proporzione tra angoli e distanze parziali con l’angolo giro avrebbe calcolato la lunghezza del meridiano.

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Ancora oggi gli scienziati si stupiscono della precisione della misura che Eratostene ottenne col suo calcolo.

Occorre riconoscere la sua bravura, tenuto conto anche che le evidenze di una terra non perfettamente sferica, ma schiacciata ai poli, furono acquisite solo molto tempo, quando grazie ad alcune misurazioni di Picard (1671), cominciò a farsi strada l’idea che la Terra avesse la forma di una sfera schiacciata ai poli, definita come ellissoide di rotazione.

Napoli, 22 novembre 2020