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Arte e scienza vs razzismo
di Martino Ariano

 

Il vizio supremo è la superficialità
Oscar Wilde

 

ariano1Nel XXI secolo ci ritroviamo ancora ad usare termini che dovrebbero essere desueti o solo il frutto aspro di retaggi storici-ideologici.

Termini che giustamente vengono combattuti anche mediante manifestazioni, proteste, sentenze, leggi, gesti, iniziative, progetti, opere d’arte.

Tra questi termini troviamo uno dei più longevi e onnipresenti nella storia umana: RAZZISMO.

Termine, che mai come in questo periodo, dovuto agli eventi scoppiati gli scorsi mesi in America, è usato e dibattuto.

Eventi connessi con il razzismo sono purtroppo all’ordine del giorno e non ci vuole certo il caso americano per far rinvigorire tristemente questo termine.

In primis è la pelle ad essere motivo di razzismo, odio, discriminazione e violenze.

Non bisogna, certo, dimenticare che qualsiasi cosa risulti diverso e anomalo alla massa/ mandria umana è soggetto a tale piaga.

Dall’essere donna o uomo ai diversi gusti sessuali.

Dalle ideologie politiche a quelle religiose.

Dalla provenienza allo status sociale di un individuo.

Dalla fisicità all’età di una persona.  

Per affrontare questo tema, ho scelto di analizzare un progetto che unisce Arte e Scienza, dell’artista contemporaneo Josè Eugenio Marchesi dal titolo:Transracialismo. Analisi Socio-Epidermica.

Josè Eugenio Marchesi Transracialismo Fotografia stampata su tela 133 x 200 cm

Josè Eugenio Marchesi
Transracialismo
Fotografia stampata su tela
133 x 200 cm

Il progetto è una dimostrazione empirica e scientifica dell’invalidità del termine razza.

Tale dimostrazione si basa su estrazioni cutanee da donatori di etnie differenti.

Successivamente, mediante la cosmesi, la pelle dei donatori è sottoposta a decolorazione, quella più chiara scurita, mentre quella più scura schiarita.

Ecco l’effetto pois che si può vedere nell’opera.

Da queste alterazioni poi sono stati prelevati dei campioni che, messi in una scatola d’acciaio, chiamata “Skin Carrier”, sono stati messi in mostra.

Seguiva una lunga fase scientifica effettuata dal biologo Jesus Espada e dalla sua equipe dell’Instituto e Ospedale Ramón e Cajal, in collaborazione con l’Instituto di Ricerca Biomedica “Alberto Sols” e dell’Universitá Autonoma di Madrid.

Le cellulle epidermiche, in questa fase, venivano isolate, coltivate e mantenute artificialmente fino a creare un grande wafer di pelli artificiali, costituito dalle cellule donate dai vari individui.

Il risultato finale è sorprendente, in quanto si rileva che le caratteristiche biologiche e strutturali di questi tessuti sono identiche tra loro e il colore.

Ad esempio, risulta essere solo un fattore secondario e propriamente estetico, dovuto solo a mutazioni ambientali.


visualizza l’esperimento

La pelle, elemento principale di razzismo, viene usata in questa ricerca, mediante l’Arte, come metafora per rivendicare l’uguaglianza tra gli uomini, di diversa cultura e diversa origine.

Ma, neanche la scienza riesce a zittire l’ignoranza!

Nel XXI secolo D.C., lo stesso uomo che crea e vive un mondo interconnesso e globalizzato, crea barriere d’odio, basate ancora sul colore della pelle, sull’orientamento sessuale o ideologico, deve davvero preoccuparsi, non di una pandemia, no di un asteroide, no di una calamità naturale, ma della sua stessa coscienza e conoscenza.

Marzano di Nola, 3 febbraio 2022