lun 23 DICEMBRE 2024 ore 20.31
Home Cultura Come costruire la pace in una pace così complessa e contraddittoria?

Come costruire la pace in una pace così complessa e contraddittoria?

di Martina Tafuro

“Come costruire la pace in una pace così complessa e contraddittoria?” E’ questa la domanda da cui parte la riflessione e il confronto delle idee del Festival Fare la Pace, in corso di svolgimento a Bergamo dal 15 al 19 maggio.

Don Giuliano Zanchi, direttore del Comitato scientifico, si chiede:“Lo scollamento tra il sapere popolare e l’autorevolezza della cultura d’élite produce dei pericoli e inquietudini. Attraverso alcune leadership con posizioni sovraniste e orientamenti protezionistici il popolo sembra aver conquistato il potere politico. Come costruire la pace in una società così complessa e contraddittoria?”.

“Il popolo sovrano, tra inquietudini, sogni e realtà” è il filo conduttore della manifestazione.

Ieri, 15 maggio 2019, ad inaugurare gli incontri è stato Daniel Innerarity, filosofo spagnolo considerato tra i 25 grandi pensatori del mondo dal Nouvel Observateur, che ha parlato di “Democrazia senza politica. Proteggere la democrazia da se stessa”.

L’analisi di Innerarity, esamina la realtà, come luogo dove si presenta una sfida positiva per la sovranità̀ nazionale, non più attore principale nella gestione dei processi globali, ma in concorrenza con una cittadinanza attiva, attenta ai diritti umani.

Sempre ieri, in serata, la parola è passata a Marc Lazar, storico e sociologo francese, che in dialogo con Nando Pagnoncelli di Ipsos, ha affrontato il tema “Popolocrazia, quel che resta della democrazia di questi tempi”.E’ stato evidenziato che la dinamica politica è diventata elementare: il popolo contro l’élite, i buoni contro i cattivi.

In cartellone, poi, ci sono accattivanti proposte da seguire, vi segnalo: “Aiutiamoli a casa loro? Io ci provo: una testimonianza” con Sanda Vantoni, premiata da FOCSIV come Giovane Volontario Europeo 2018, per il suo impegno di servizio civile in Marocco.

Ricercare la pace è, ora più che mai, indispensabile alle nostre esistenze, poiché siamo immersi in una società competitiva, dove il messaggio pregnante è un invito ad agire in modo economico, cioè puntare dritti alla meta, schiacciando tutto quello che si interpone tra voi e l’obiettivo.

Cinquecento anni fa, nel 1516, Tommaso Moro pubblicò Utopìa, (titolo originale: Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia)…titolo un po’ lunghetto, ma che indica bene il contenuto dato dal Moro a quest’opera. E’ un romanzo in cui è descritto il viaggio immaginario di Raffaele Itlodeo (Raphael Hythlodaeus nell’originale) in una fittizia isola-regno, abitata da una società ideale.

Utopìa esprime il sogno rinascimentale di una società pacifica dove è la cultura a dominare e a regolare la vita degli uomini. Voglio sognare che la pace è essenziale, è urgente utilizzarla come un bene che ci aiuta a vivere meglio. Esiste un luogo oggi, dove è possibile raccontare una nuova narrazione della vita, della società e del mondo, dove è presente il cittadino, la comunità, la partecipazione democratica, la solidarietà tra generazioni, mentre è assente la predazione dell’ambiente e del vivente e il furto della vita?

Insomma, esiste, un laboratorio di pratiche sociali alternative, una Zona Temporaneamente Autonoma (TAZ), come l’avrebbe definita il teorico americano Hakim Bey (pseudonimo di Peter Lamborn Wilson), dove gli abitanti come giapponesi nella foresta non si sono finora accorti della crisi che sta sconvolgendo l’intero mondo o meglio il suo modello economico?

La nostra libertà non si specchia nell’uso, ma in ciò che, oltrepassando l’uso, testimonia che la libertà sovrasta il bisogno. Si tratta della capacità oblativa, che supera la funzionalità. Oblativa vuol dire essere costruttore di sogni, senza aspettarsi nulla in cambio.

Riconsegnare le nostre utopie a chi le ha smarrite, a questo punto, diventa la meta paradossale di chi desidera affermare se stesso. Voglio sentirmi come una piccola vela contro un uragano, perché con quel poco che ho, voglio gustare l’infinito, l’inimmaginabile, l’incalcolabile.

Napoli, 16 maggio 2019