lun 23 DICEMBRE 2024 ore 00.19
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Poveri e Malati

di Giovanna Castellano

Da oggi è ufficiale: cinque milioni di italiani non riescono a curarsi per problemi economici. La notizia è stata diramata dalla Fondazione Banco Farmaceutico.
Non voglio nemmeno lontanamente riaprire tutte le polemiche sulla degenerata politica italiana, sappiamo tutti cosa ci sarebbe da dire, susciterei (forse) la solita rabbia, la solita indignazione, solleciterei (forse) le solite invettive. Tenterò di fare una riflessione più ampia.
Spesso sentiamo parlare di “civiltà occidentale” da chi si riempie la bocca di belle parole; la “civiltà occidentale” viene indicata come modello di riferimento talmente (quasi)perfetto che spesso si ricorre alla guerra per imporre ad altri popoli, ad altre etnie, il nostro modello.
Ora, al di là delle belle parole di cui sopra, a me non pare di aver visto realizzato qualcosa di serio per combattere la fame nel mondo. Giustamente ci allarmiamo leggendo che in Italia ben cinque milioni di persone non hanno i soldi per curarsi.
Ma perché la (quasi)perfetta “civiltà occidentale” non si allarma, non si indigna, non protesta affinché sia definitivamente risolto il problema della povertà nel mondo? La grande massa di opulenza ( vero è che appartiene ad un numero sempre minore di essere umani, ma anche vero è, che la massa stessa, aumenta) che la civiltà occidentale sperpera in cose belle sì, ma superflue ed inutili, potrebbe, lo sappiamo da sempre, risolvere il problema dei morti per fame. La civiltà occidentale non dovrebbe produrre governi che mettano in atto leggi e progetti per questa soluzione? Qualcuno ricorderà che spesso viene sbandierata come “storica decisione” presa durante uno dei tanti, inutili summit, l’azzeramento del debito dei paesi in via di sviluppo (termine ipocrita per indicare paesi dove si muore di fame); bene, e che senso hanno queste decisioni che periodicamente vengono prese? I debiti, i paesi in cui si muore di fame, non li avrebbero mai pagati, quindi è una decisione che è insieme inutile e obbligata.
Immaginiamo che io sia ricca e che abbia prestato cento euro ad un mio parente; dopo alcuni mesi il mio parente viene da me e mi dice che non mangia da dieci giorni, che indossa abiti dismessi da altri, che non ha più una casa e che è costretto a vivere per strada. Io che sono ricca, che faccio per aiutarlo? Gli dico: “Beh, la tua condizione di grande difficoltà mi fa stringere il cuore, non posso rimanere insensibile di fronte alla tua disperazione, facciamo una cosa: a quei cento euro che mi devi restituire non ci pensare più, non me li devi più ridare”. Ora, il mio parente povero, di fronte  a me ricca, si sarebbe aspettato, legittimamente, che io avessi detto: dimmi quanto ti serve e ti darò il necessario perché ti possa riappropriare della tua dignità. Però poi, che succede se tutti si liberano del non-indispensabile per non far morire di fame altre persone? Succede che non si hanno più i soldi per comprare abiti griffati, oggetti tecnologicamente avanzati, automobili sempre più performanti.
Oggi i milioni di cittadini italiani che non hanno i soldi per curarsi sono cinque. Cinque milioni.
Mi sento autorizzata a credere che saranno sempre di più perché di abiti griffati, di oggetti tecnologicamente avanzati, di automobili sempre più performanti, se ne devono vendere sempre di più. Insomma, se io curo la mia ipertensione, come farà qualcun altro a comprare il nuovo cellulare?
E, a proposito di civiltà, come si concilia il significato di “civiltà” con un pensiero che preveda e codifichi che nel mondo si possa morire di fame?