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Le Sfogliatelle

di Pio Gargano

Come disse Goethe: “ Vedi Napoli e poi muori.”

Io aggiungerei: “Ma prima mangia una sfogliatella!”

Oggi è proprio di questo che voglio parlarvi, della sfogliatella, dolce tipico campano, nato nel 600 nel convento di clausura di Santa Rosa, situato sulla costiera amalfitana.

Un giorno di 400 anni fa, la suora che si occupava della cucina, si accorse che era avanzata un po’ di semola cotta nel latte. Di buttarla non se ne parlava… e così, presa da un’ ispirazione, pensò di utilizzarla come ripieno: ci aggiunse un po’ di frutta secca, zucchero e liquore al limone;
a parte preparò della sfoglia con strutto e vino bianco, gli sistemò il ripieno all’interno e siccome anche l’occhio vuole la sua parte, gli diede una forma a cappuccio di monaco.

La madre superiora, avendo subito intuito un affare, decise di trarne, così profitto: vendere questi dolci in cambio di qualche moneta.

Al dolce, in seguito si diede il nome dalla Santa del convento e fu diffuso in tutto il territorio.

La Santarosa, arrivò a Napoli solo nei primi dell’ 800, per merito del pasticcere Pasquale Pintauro, all’epoca, oste di una bottega a Via Toledo. Pintauro la modificò eliminando la protuberanza superiore a cappuccio di monaco e le diede una forma a conchiglia, Nacque così la sfogliatella riccia.

Oggi questo dolce è venduto in tutte le pasticcerie campane e oltre la classica riccia, si può trovare una versione con la pasta frolla.

La scelta tra le due è ardua, non vi resta che provarle entrambe!

So’ doje sore: ‘a riccia e a frolla. Miez’a strada, fann’a folla.
Chella riccia è chiù sciarmante: veste d’oro, ed è croccante, caura, doce e profumata.
L’ata, ‘a frolla, è na pupata. E’ chiù tonna, e chiù modesta, ma sì a guarde, è già na festa!
Quann’e ncrontre ncopp’o corso t’e vulesse magnà a muorze.
E sti ssore accussì belle sai chi sò? Sò ‘e sfugliatelle! 

Napoli, 24 aprile 2019