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L’uomo pecora.
di Giulia Di Nola.

Da una cellula somatica adulta a un embrione denucleato, con l’induzione ad avviare lo sviluppo del feto, oltre vent’anni fa, nasceva Dolly, la pecora clonata al Roslin Institute da Ian Wilmut, in Scozia, dove essa ha vissuto, sino alla morte, avvenuta sette anni dopo.

Il metodo SCNT risultò funzionante per tutti i mammiferi esistenti meno che per i primati. Ora, invece, un gruppo di scienziati cinesi è riuscito con la medesima tecnica a dare vita a due femmine, due sorelline, di Macaco geneticamente identiche e in buona salute. C’è da chiedersi, però, se gli scienziati godano di altrettanta buona salute e non fisica, ma psichica. Non so, credo di no!

Questo tipo di “progresso” scientifico a me fa solo rabbrividire perché, presto, il progetto, se nessuna autorità, come quella ecclesiastica, farà sentire la propria voce ostacolandolo, sarà trasferito dal mondo animale a quello umano.

L’idea di produrre in serie soggetti della nostra specie, fotocopie di altri, è solo un’immensa offesa alla unicità e alla dignità dell’uomo in genere e del singolo in quanto essere umano e questo indipendentemente dalle nobili mire cui si tende. Va ricordato, infatti, che la clonazione è una modalità di riproduzione del tutto innaturale in quanto priva la persona, sin dal concepimento, del del diritto d’avere due genitori che amandosi, hanno stabilito una relazione interpersonale.

Le caratteristiche biologiche predeterminate rappresentano, poi, l’aspetto di gran lunga peggiorativo sotto il profilo etico e la persona scelta diventa uno strumento, un oggetto per ottenere altri scopi, ad esempio lo sviluppo di terapie a favore di soggetti malati.

Lo stesso discorso s’estende alla clonazione di embrioni per ottenere ed estrarre da questi, cellule staminali con patrimonio genico determinato, causandone la morte. Insomma, con tanto di cautela etica e legale, se si può ammettere la clonazione di animali, in nessuna eventualità si può accettare la SCNT per la razza umana!

Napoli, 26 luglio 2017