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Tragedia a Rebibbia
di Maria Teresa Luongo

Sono trascorsi pochi giorni dalla tragedia avvenuta nel carcere romano di Rebibbia dove una detenuta, una donna di nazionalità tedesca di 33 anni, ha ucciso i suoi due figli. La donna si trovava in carcere da meno di un mese per spaccio di sostanze stupefacenti quando lo scorso martedì mattina in un raptus di follia ha scaraventato per le scale i suoi due bambini, una bimba di pochi mesi di vita morta sul colpo e un bambino di due anni per il quale si continuava a sperare prima della tragica notizia della morte cerebrale. La donna, a quanto pare, aveva già da tempo mostrato intolleranza per la presenza dei suoi figli e il personale medico del carcere aveva indicato la necessità di accertamenti psichiatrici. Ma il meccanismo interno non ha funzionato peccando di intempestività.

La notizia già di per sé sconvolgente indigna perché mostra tutte le falle del nostro sistema penitenziario e ancora una volta l’inaccettabile trascuratezza di chi dovrebbe vigilare e non lo fa o non lo fa con la dovuta accuratezza. La donna stava male e quel suo “adesso i miei figli sono liberi, gli ho dato la libertà” detto al suo avvocato fa provare compassione per questa persona evidentemente disturbata o portata all’esasperazione da qualche suo malessere interiore che deve averla logorata fino all’infame infanticidio.

Ora la donna si trova nel reparto di psichiatria dell’ospedale Pertini, è accusata di duplice omicidio.

Si cercherà di capire cosa possa aver spinto la donna al tragico gesto ma intanto grava sulla coscienza degli organi di vertice della sezione femminile dell’istituto penitenziario una domanda (retorica): si poteva evitare?

Intanto il ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, ha sospeso la direttrice, la sua vice e il vicecomandante del reparto di polizia penitenziaria del carcere romano.

Napoli, 27 settembre 2018