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23 agosto 1791 San Domingo (Haiti). La prima rivolta contro l’uomo bianco.

di Pasquale Falco

 

 

 

“La tolleranza è una conseguenza
necessaria della nostra condizione
umana. Siamo tutti figli della fragilità:
fallibili e inclini all’errore.”

Voltaire

 

Estate 1979: tre navi della Marina Militare italiana salpano per il Mar Cinese Meridionale.

Scopo della missione: salvare i profughi vietnamiti in fuga dal Vietnam dopo la fine del conflitto.
È la prima missione umanitaria in mare.

 

Nella notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791 nell’isola di Haiti i deportati, originari dell’Africa, insorsero contro i commercianti di schiavi e organizzarono la prima rivolta occidentale per l’abolizione della schiavitù.

23agostoLa Rivolta di San Domingo, guidata da Toussaint Louvertoure, primo generale maggiore di colore, si risolse in un bagno di sangue e nel massacro da parte dei negrieri di migliaia di persone innocenti.

Il 23 agosto 2004 per ricordare questo evento venne istituita, dall’Unesco, la Giornata internazionale della commemorazione del commercio degli schiavi e della sua abolizione”.

La commemorazione si svolge, ogni anno, per non gettare nell’oblio, tipico dell’Occidente, questa tragedia dell’umanità, ma anche per aprire gli occhi sulle moderne forme di schiavitù, nonchè per agire insieme per debellarle.

La celebrazione della Giornata è un’opportunità per esaminare gli effetti della tratta di schiavi, poiché la storia del traffico di esseri umani parla anche di quasi quattro secoli di collegamenti e scambi tra popoli e culture.

Ognuno di noi deve conoscere ed imparare da questo passato, come un passo necessario per la costruzione di un nuovo terreno comune.

Il concetto della schiavitù è collegato alle rappresentazioni iconografiche e ai racconti del passato, eppure non si tratta di un fenomeno trascorso, ma ha assunto forme non sempre ben distinguibili.

Permea quotidianamente il nostro presente tormentando persone di ogni età, sesso e razza.

Tutti conoscono cosa significa proprietà di esseri umani, lavoro forzato, sfruttamento del lavoro, tratta di minori e di donne, prostituzione forzata.

“Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma”.

Sono le parole contenute nel quarto articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, il documento sui diritti individuali che per la prima volta si rivolse a tutte le persone 1392233355034.jpg;filename_=UTF-8''1392233355034del mondo, firmato a Parigi il 10 dicembre 1948, la cui redazione fu promossa dalle Nazioni Unite.

La cronaca, di contro, dimostra che queste parole vengono ignorate quotidianamente in tutto il mondo.

La schiavitù, oltre a distruggere la vita di milioni di esseri umani strappati dalle loro terre e costretti a vivere in condizioni disumane, ha anche generato “scambi culturali che hanno profondamente e durevolmente influenzato le morali e le credenze, le relazioni sociali e la conoscenza in diversi continenti. Ci dobbiamo far carico della conoscenza per contribuire alla decostruzione dei pregiudizi razziali e alla lotta contro le ideologie di odio e fanatismo, per promuovere un dialogo basato sui valori della tolleranza, uguaglianza e condivisione”.

La tolleranza va infatti oltre la coesistenza pacifica fra diverse culture, è un atteggiamento concreto e positivo, ispirato dal riconoscimento e dal rispetto per i diritti e le libertà altrui, ciò significa che l’interessamento per gli altri deve prevalere sull’indifferenza e sul disprezzo, e che uno sforzo per conoscere l’altro deve prendere il posto dell’ignoranza, del cieco pregiudizio e della discriminazione.

Questi, tuttavia, non sono fenomeni legati al secolo scorso, secondo i più recenti dati disponibili, sono 5,5 milioni i minori vittime di lavoro forzato o tratta con fini di sfruttamento sessuale e lavorativo nel mondo, su un totale di 20,9 milioni di persone coinvolte, guardando al solo ambito del lavoro.

1Secondo il rapporto Global Slavery Index realizzato dall’organizzazione australiana Walk Free Foundation, milioni di persone nel mondo vivono in una condizione di schiavitù.

Al di là dei numeri, le violazioni dei diritti e le violenze di ogni tipo subite da bambini e adolescenti vittime o a rischio di tratta e sfruttamento anche in Italia sono gravi e impressionanti.

Come nel caso delle molte ragazze tra i 16 e i 17 anni originarie dei paesi dell’Est, trasferite o attirate in Italia per essere sfruttate sessualmente o coinvolte in attività illegali, piuttosto che rese vittime di matrimoni precoci nei quali devono ripagare ai suoceri il prezzo sostenuto per il loro acquisto dalla famiglia di origine, ciò avviene molto spesso nelle comunità rom.

Per le minori nigeriane, che partono dal loro paese con la promessa di un lavoro che non si avvererà mai, lo sfruttamento sessuale inizia invece già nei paesi di transito, per trasformarsi in una prigione dalla quale è difficilissimo uscire una volta giunte in Italia e inserite sotto ricatto nel circuito della prostituzione.

Il rischio di sfruttamento è poi particolarmente elevato per gran parte dei minori stranieri non accompagnati arrivati nel nostro Paese via mare, già segnati da ferite profonde per le violenze subite in viaggi spesso lunghi e terribili.

Anche a causa della mancanza di un sistema di protezione nazionale e conseguentemente di un’accoglienza dignitosa e rispettosa di standard minimi di qualità, alcune migliaia di minori sono fuggite dai centri di prima accoglienza improvvisati per gestire il costante arrivo di migranti attraverso il Mediterraneo, con la conseguente esposizione a gravi rischi di sfruttamento sul nostro territorio.

Alcuni, come i minori eritrei o afghani, si rendono invisibili per poter proseguire il loro viaggio verso il Nord Europa, altri, come i minori egiziani, raggiungono in maggioranza le grandi città come Roma e Milano dove accettano facilmente condizioni di lavoro estreme e sfruttamento per poter ripagare rapidamente i pesanti debiti di viaggio, e per questo fanno spesso uso di farmaci oppiacei antidolorifici per far fronte alla fatica insostenibile e al disagio, con ulteriori gravi conseguenze per la loro salute.

Tutti questi dotti esempi sono lontani da noi, abbiamo goduto delle vacanze, abbiamo visto gente bellissima, perché ora ammorbarci con tutte queste storie?

E allora ripenso all’estate di quand’ero ragazzo, erano tre abbondanti mesi di sole infuocato senza che nessuna nuvola minacciosa corresse in cielo.

Poi, con la fine d’agosto e un clima più fresco tornava la scuola, il tempo era ben cadenzato e tutto appariva pacifico, non avevo responsabilità se non quella di pensare al mio futuro.

Ecco il punto, in questa estate 20/20, voglio riflettere sullo spirito dei tempi che viviamo.

Io come tutti i miei amici e le mie amiche, compagni di giochi estivi, vivevamo spensierati e felici e ogni tanto ci balenava in mente e nei nostri discorsi che fra qualche tempo toccava a noi giocare la partita della vita.

I più sicuri erano i nostri genitori che erano guidati dalla speranza che noi figli saremmo stati meglio. Penso che questa sia l’idea di progresso, cioè credere fermamente che i sacrifici che si fanno oggi servono a rendere migliore il futuro di chi verrà dopo di noi.

Alla fine dei giochi sommate tutte le speranze individuali nasceva la speranza collettiva, nutrimento per la crescita della nostra Patria.

Nei palazzi lastricati di marmo sono tutti bravi a valutare le soluzioni a posteriori.

Comunque vada, il loro congruo stipendio corre. È intanto il nostro mondo deraglia.

In realtà questa crisi segna la fine di un sistema basato sugli iperconsumi, tutta la società ha il fine esplicito di trasformarci in stupidi consumatori.

Il pianeta non lo regge, la morale e la religione, lo condannano espressamente, poiché, sempre più gli individui si indirizzano verso scelte e comportamenti che non sono più puro consumo.

 

Napoli, 17 agosto 2020